“Prima gli studenti italiani”

Ministro-Bussetti
“Prima gli studenti italiani”

“Prima gli studenti italiani”

scontro sulle parole del ministro dell’Istruzione Bussetti.

 

Il ministro alla Stampa: la scuola è inclusiva, la politica del governo sull’immigrazione non ha pregiudiziali, ma il primo pensiero dev’essere quello di tutelare i nostri giovani. Insorgono Pd e sindacati: “Solo il merito viene prima, così si sovverte la Costituzione”

Il Pd: “Sovvertita la Costituzione”

“Tuteliamo i migranti, ma il nostro primo pensiero dev’essere quello di tutelare prima di tutto i giovani italiani”. E’ scontro su queste parole, pronunciate in un’intervista alla Stampa dal ministro dell’Istruzione Marco Bussetti. Che finisce sotto un fuoco di fila di critiche di associazioni e sindacati.
Scrive su Twitter Andrea Marcucci, capogruppo del Pd al Senato: “Vorrei ricordare al ministro Bussetti che a scuola vengono prima la capacità ed il merito, non i nostri figli. È letteralmente incredibile che un ministro della Repubblica sovverta la Costituzione e dica che nella scuola pubblica prima gli italiani e dopo tutti gli altri”.  “A scuola in Italia – continua il senatore dem – le uniche cose che devono venire prima sono la capacità ed il merito, che non hanno nazionalità o colore della pelle”. Parole che il leghista Rossano Sasso bolla come “un’altra occasione persa dal Pd per tacere”.

Quello di Bussetti è “il consueto modo di fare del ministro dell’Istruzione che sembra accogliere tutte le questioni, mentre in realtà passa un messaggio inquietante – attacca Angela Nava, del Coordinamento genitori democratici – come abbiamo già visto in una serie di occasioni da questa estate: pensiamo a Lodi e ai bambini esclusi dai servizi per una documentazione che non potevano produrre, o a Monfalcone dove le scuole non si sono aperte a un numero che si riteneva eccedente di figli di immigrati”. E conclude: “Garantire ai nostri giovani un futuro implica l’esclusione di altri ragazzi, di altre marginalità? È preoccupante”.

Le parole del ministro

“La scuola è il luogo principale di inclusione nella nostra società”, queste le parole di Bussetti alla Stampa. “L’ho sempre detto, fin dal mio insediamento. Voglio ribadire anche che questo governo non agisce in maniera pregiudiziale rispetto alla questione migratoria: stiamo affrontando il tema con serietà e responsabilità. A differenza di come è stato fatto in passato. Regolare i flussi tutela innanzitutto chi cerca rifugio in Italia, avendone diritto. Penso anche però che il primo pensiero debba sempre essere quello di aiutare i nostri giovani affinché possano farsi una famiglia, avere dei figli, vivere con serenità il loro progetto di vita. La ritengo una priorità assoluta”.

L’allarme dei sindacati

“Il nostro dovere verso gli stranieri che vengono in Italia è l’integrazione, e la prima frontiera per l’integrazione è l’istruzione”, commenta a caldo Rino Di Meglio, portavoce della Gilda Insegnanti. “La vera prima linea per un futuro senza ghetti è integrare – continua – far conoscere a tutti i principi costituzionali e alfabetizzare”.

“Tutti gli studenti meritano la stessa attenzione”, avverte anche Pino Turi, segretario generale della Uil. “Gli studenti non sono ‘graduabili’, non ci possono essere primi né secondi. Tutti meritano la stessa attenzione. Non ci sono immigrati, stranieri o italiani, ma persone che devono essere poste tutte nelle stesse condizioni”.

 

Per tutto l’articolo clicca qui

Scuola, in tutta Italia studenti in piazza contro la nuova maturità

Studenti in piazza contro la nuova maturità

 

“Non siamo cavie”, oltre 40 le manifestazioni da Trento a Palermo. Al centro della protesta anche il no all’autonomia differenziata e i tagli ai fondi per l’istruzione

di CORRADO ZUNINO

 

“Non siamo cavie”. Questa mattina gli studenti delle scuole superiori sono tornati in piazza contro la nuova Maturità, cambiata in corso d’anno per introdurre il Latin-Greco al Classico, la Mate-Fisica allo Scientifico e le tre buste (per tutti i candidati) per avviare l’orale. Ci sono già state manifestazioni (seguite) a Padova e Perugia, Pisa e Genova, dove lo striscione d’apertura chiedeva alludendo al programma quiz del tardo pomeriggio Rai: “Maturità o l’eredità?”. A febbraio sono state organizzate, tra l’altro, diverse occupazioni e autogestioni.

Questa mattina, a partire dalle nove, hanno preso l’avvio una dozzina di marce organizzate dalla Rete degli studenti medi (Venezia, Verona, Udine, Trento, Cagliari, Palermo e le principali città siciliane) e trenta manifestazioni annunciate dall’Unione degli studenti (Milano, Napoli, La Spezia, cortei in Friuli e in Puglia). “Siamo in settantamila”, hanno dichiarato. Il Fronte della gioventù comunista ha rivendicato la paternità della manifestazione, la presenza di molti studenti a loro vicini a Roma, Firenze, Livorno e Cagliari accusando gli studenti medi di aver contrastato la partecipazione “fino al giorno prima”. Simone Vial, annunciando per Fgc il corteo di Torino, ricorda invece: “La Legge di bilancio prevede una sottrazione di 4 miliardi di euro per la scuola dal 2019 al 2021”.

Giammarco Manfreda, coordinatore nazionale della Rete degli studenti medi, ha detto: “Sostituire la tesina con il gioco delle tre buste e improvvisare l’interdisciplinarietà con la doppia seconda prova significa, per i maturandi, perdere un’occasione per esprimersi e affrontare una prova completamente slegata dal loro percorsi di studi. L’Esame di Stato è solo la punta dell’iceberg di un sistema scolastico che non funziona, ma è sempre la prima cosa a essere modificata. Non importano le ripercussioni sulla pelle degli studenti, importa che costi poco”.

L’Unione degli studenti al popolare tema della Maturità ha affiancato la contestazione all’autonomia differenziata proposta dalla Lega a partire dagli istituti della Lombardia e del Veneto. “Saremo una costante spina nel fianco contro l’ennesimo governo che vuole distruggere il sistema nazionale di diritto allo studio”, ha dichiarato la coordinatrice Giulia Biazzo, “la regionalizzazione della scuola ignora il definanziamento dell’istruzione pubblica nel Paese e conferma il tradimento di questo esecutivo”. Diversi studenti maggiorenni, a giugno impegnati nella nuova Maturità, rivendicano di aver votato Cinque Stelle il 4 Marzo e di essere stati delusi dalle politiche sulla scuola del Movimento e dalla sua subalternità strutturale alla Lega del ministro Marco Bussetti e di Matteo Salvini.

In Campania, regione ad alto tasso di dispersione scolastica, c’è stata mobilitazione naturalmente a Napoli (approdo in Regione) e poi a Salerno, Torre del Greco, Castellamare, Pomigliano d’Arco. “Il ministro Bussetti”, ancora l’Unione degli studenti, “ha vergognosamente dichiarato come per le scuole del Sud non ci saranno fondi e che dovranno essere i meridionali a lavorare e impegnarsi”.

La protesta anti-Maturità è larga. Ieri il Movimento studenti di Azione cattolicaha scritto al ministro Bussetti: “La lenta pubblicazione di informazioni sul nuovo esame, dilazionate tra i mesi di settembre e gennaio, ha generato confusione e difficoltà. A questo si sono aggiunte le modifiche alla struttura del colloquio orale comunicate a gennaio e la pubblicazione degli esempi della seconda prova scritta solo per alcuni indirizzi. Non vorremmo che si stesse sperimentando su noi studenti un nuovo sistema scolastico”.
 

Per tutto l’articolo clicca qui

classroom-2093743_960_720
Troppi istituti non a norma

Scuola, i presidi: “Troppi istituti non a norma, rischiamo di essere denunciati e multati”

 

Il governo non ha prorogato l’adeguamento antincendio degli edifici scolastici e ora i dirigenti scolastici scrivono al ministro Bussetti

di SALVO INTRAVAIA

 

 

Il governo Lega/5Stelle non proroga la norma sull’adeguamento alle norme antincendio per gli edifici scolastici. E nei prossimi mesi migliaia di presidi rischiano di essere multati e di essere denunciati penalmente.

L’allarme viene lanciato dall’Andis, la seconda associazione autonoma di dirigenti scolastici italiana, che attraverso il suo presidente ha inviato una lettera al ministero dell’Istruzione Marco Bussetti in cui esprime tutta la sua preoccupazione. “L’Associazione nazionale dirigenti scolastici – scrive Paolino Marotta – intende rappresentare la criticità che si è venuta a determinare a seguito della mancata approvazione nella legge di Bilancio 2019 della proroga del termine per l’adeguamento degli edifici scolastici alla normativa antincendio”.

Un differimento di un anno che tutti si aspettavano. Perché in base agli stessi dati diffusi dal Miur qualche mese fa sono oltre 22mila, il 55% del totale, i plessi scolastici sprovvisti del Certificato prevenzione incendi richiesto dalla normativa vigente. Il rischio è, continuano dall’Andis, che questi plessi fuorilegge a seguito di una visita dai Vigili del fuoco potrebbero essere trovati “in esercizio senza il completo adeguamento alle disposizioni normative”. In questi casi è prevista la contravvenzione a carico del capo d’istituto che andrebbe denunciato anche penalmente ai sensi della normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. Il fatto è che la competenza sugli edifici scolastici, e sul loro adeguamento, è in capo agli enti locali: i comuni per le scuole dell’infanzia, primarie e medie; le province per le scuole superiori.

E i presidi non hanno le risorse per provvedere a mettere in sicurezza le loro scuole. “È del tutto evidente – conclude Marotta – il rischio per un dirigente scolastico di diventare il capro espiatorio di inadempienze riconducibili invece agli enti proprietari degli edifici”. L’auspicio dell’Andis è quello di un intervento del ministro Bussetti “presso il ministero dell’Interno e il Dipartimento dei Vigili del Fuoco perché venga emanato un decreto ad hoc, che consenta agli enti proprietari di procedere al progressivo adeguamento alla norma degli edifici scolastici, magari con step triennali in analogia a quanto già avviene per le strutture sanitarie”.

 

Per tutto l’ articolo clicca qui

einstein-645461_960_720
Professori al ministro: “Faremo politica a scuola”.

Professori al ministro: “Faremo politica a scuola”.

Professori al ministro: “Faremo politica a scuola. Non quella urlata dei politici, quella vera”.

 

Un gruppo di docenti scrive a Bussetti facendo propria la missiva del collega Enrico Galiano a Salvini sulla libertà di insegnamento. Il leader della Lega aveva twittato: “Avanti futuro! Basta politica in classe”

di SALVO INTRAVAIA

 

“Egregio Signor Ministro, continueremo a fare politica in classe. Ma non quella urlata dei politici attuali, quella vera”. Un gruppo di docenti italiani invia una lettera al ministro dell’Istruzione Marco Bussetti “adottando” e facendo propria la missiva inoltrata a settembre dal professore Enrico Galiano al ministro dell’Interno Matteo Salvini, che si augurava che i docenti non facessero politica a scuola.

“Siamo un gruppo di docenti della scuola pubblica statale, provenienti da varie regioni italiane. Abbiamo condiviso il testo di questa lettera – si legge nella missiva – scritta da Enrico Galiano e la stiamo diffondendo in rete, fra le nostre colleghe e i nostri colleghi docenti, in quanto riteniamo necessario che, sul tema della libertà d’insegnamento, si sviluppi un grande dibattito nel Paese, che vada oltre i confini degli addetti ai lavori”.

Per il gruppo di insegnanti “il ruolo sociale della scuola e di chi ci lavora è fondamentale, a partire dal dettato costituzionale, per la difesa e la piena attuazione della democrazia. Per questo, ogni giorno, nelle aule dove siamo chiamati a svolgere il nostro compito di educatrici ed educatori delle generazioni più giovani, terremo sempre presente il valore della libertà di pensiero e d’insegnamento, affinché le ragazze e i ragazzi italiani, non solo per nascita, imparino a comprendere e a riaffermare in tutti gli atti della loro vita questi valori”. Nella lettera a Salvini il professor Galiano rispondeva al tweet del ministro (“Per fortuna gli insegnanti che fanno politica in classe sono sempre meno, avanti futuro!”) in questo modo: “Io faccio e farò sempre politica in classe”.

Precisando poi di quale politica si tratta. “Il punto – spiega il docente – è che la politica che faccio e che farò non è quella delle tifoserie, dello schierarsi da una qualche parte e cercare di portare i ragazzi a pensarla come te a tutti i costi. Non è così che funziona la vera politica. La politica che faccio e che farò è quella nella sua accezione più alta: come vivere bene in comunità, come diventare buoni cittadini, come costruire insieme una polis forte, bella, sicura, luminosa e illuminata. Ha tutto un altro sapore, detta così, vero? Sì, perché fare politica non vuol dire spingere i ragazzi a pensarla come te: vuol dire spingerli a pensare. Punto. È così che si costruisce una città migliore: tirando su cittadini che sanno scegliere con la propria testa. Non farlo più non significa “avanti futuro”, ma ritorno al passato”.

 

per tutto l’articolo clicca qui

library-2784893_960_720
Maturità 2019

Maturità 2019

Ritorno a scuola nell’incertezza. Bussetti: “Tutte le novità entro settembre”

Di certo c’è solo una data: il 19 giugno, giorno della prova scritta di Italiano. Il ministro rassicura, ma gli studenti chiedono chiarezza

di SALVO INTRAVAIA

Per la prima volta, i 500mila studenti dell’ultimo anno delle superiori che si apprestano a rientrare in classe non sanno con quale formula affronteranno gli esami di maturità. Il governo Lega-5Stelle intende mettere mano anche alla prossima maturità. A sparigliare le carte, una intervista del ministro dell’Istruzione Marco Bussetti alla Stampa dei giorni scorsi che anticipa novità sui prossimi esami di stato. “E’ un lavoro – spiega l’inquilino di viale Trastevere – che stiamo facendo con gli uffici del ministero. Lo dettaglieremo a decisioni prese e, comunque, entro settembre. L’esame è sempre un tema delicato che mette in fibrillazione ragazzi e famiglie”.Secondo la normativa vigente, la maturità 2019, che prederà il via mercoledì 19 giugno 2019 con la prova scritta di Italiano, si svolgerà secondo le novità introdotte con la Buona scuola bis. E per la precisione: due sole prove scritte, mandando in soffitta la terza prova spesso sotto forma di quizzone a risposte aperte e chiuse; rivoluzione dei punteggi, con 40 centesimi destinati alla carriera scolastica e 20 centesimi per ciascuna prova scritta e per il colloqui; introduzione di un test Invalsi obbligatorio per essere ammessi agli esami, da svolgersi entro il mese di aprile; abolizione della tesina di apertura del colloquio che verrà sostituita da una prova sull’alternanza scuola-lavoro.

Ma, a questo punto, come si svolgeranno i prossimi esami di maturità? Secondo le regole nuove, che diventano vecchie al cospetto delle modifiche ventilate da Bussetti, o seguendo una procedura ancora diversa? L’esame di maturità, negli ultimi anni, è stato al centro delle polemiche per due ragioni: i troppi cervelloni che si diplomano con 100 e lode al Sud e la scarsa selezione di una procedura che, tra compensi ai commissari e costi collegati alle prove d’esame, costa quasi mezzo miliardo di euro all’anno. Col risultato di un “todos caballeros”: tutti promossi. Gli esami conclusi lo scorso mese di luglio hanno dato il seguente verdetto: 99,6 per cento di promossi e “solo” 4 bocciati ogni mille candidati. A svolgere il lavoro sporco sono i consigli di classe, che quest’anno non hanno ammesso 4 ragazzi su cento. L’esame è poi una formalità che tuttavia crea sempre un certo patema d’animo a studenti e genitori. Cui quest’anno si aggiunge l’incertezza delle regole.

“Il fatto che a oggi non ci siano certezze su come verrà strutturato l’esame di maturità rappresenta il nodo problematico di fondo, laddove – dichiara Giulia Biazzo, dell’Unione degli studenti – non si dà alle studentesse e agli studenti un’aspettativa e certezze rendendo più incerto tutto il quadro dei prossimi esami di stato. Come del resto su molti aspetti della scuola italiana”. Le rappresentanze studentesche avevano già criticato la riforma Renzi, soprattutto sugli aspetti che riguardano il quizzone Invalsi, senza svolgere il quale non si potrà accedere agli esami, e il ruolo dell’Alternanza scuola-lavoro, con l’obbligo di avere svolto tutte le 200/400 ore perviste per i liceali e gli studenti dei tecnici e dei professionali, e l’obbligo di relazionare agli esami sull’esperienza svolta. Ma adesso la polemica si è spostata sull’eventuale cambio in corso d’opera annunciato dal governo giallo-verde

Per tutto l’articolo clicca qui
still-life-851328_960_720
Marco Bussetti ministro dell’Istruzione

Marco Bussetti ministro dell’Istruzione

Marco Bussetti ministro dell’Istruzione: un tecnico ‘leghista’ che affronterà il dossier Buona Scuola

 

Marco Bussetti è stato studente, insegnante, dirigente scolastico e professore universitario per l’Università Cattolica di Milano e Pavia, quindi la scuola il nuovo ministro dell’Istruzione Marco Bussetti la conosce bene. Classe ’62, laureato in Scienze motorie, fino ad oggi è stato responsabile dell’ambito X (ossia Milano) dell’Ufficio Scolastico Regionale della Lombardia. È questa la nuova figura scelta a capo del ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca (Miur) del nuovo governo Lega-M5S.

Bussetti, in servizio presso l’IC di Corbetta fino al 2011, è un esperto di legislazione scolastica, come si può leggere sul suo curriculum vitae.

Uno dei compiti che spetterà al nuovo ministro è quello di mettere le mani, come da programma giallo-verde, sulla Buona Scuola. Per farlo sarà necessario che Bussetti tenga a mente le difficoltà quotidiane di chi svolge la propria professione nell’ambito dell’istruzione, andando quindi oltre l’esperienza da dirigente scolastico, al tempo stesso tenendo in considerazione che i fautori dello smantellamento della Buona Scuola speravano in un ministro dell’Istruzione grillino.

Nonostante ciò, il motivo per cui il suo nome è stato scelto per il governo Conte sarebbe la natura tecnica del suo profilo, e non il suo orientamento politico.

Già vengono fugati possibili dubbi sulla preparazione scolastica del nuovo ministro, che si è laureato a suo tempo con il massimo dei voti in Scienze e tecniche delle attività motorie presso l’Università Cattolica di Milano. Lo standard peggiora quando si tratta di lingue: inglese e francese – ammette lui stesso – appena sufficienti.

Sul suo profilo Facebook non ha mai nascosto la sua vocazione da uomo del Nord e la sua simpatia verso Matteo Salvini, con il quale viene ritratto in molte foto.

 

Fonti e articolo clicca qui