Educazione civica materia obbligatoria dalla materna

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Educazione civica materia obbligatoria dalla materna

Educazione civica materia obbligatoria dalla materna.

Educazione civica materia obbligatoria dalla materna alle superiori: la Lega presenta un progetto di legge.

 

L’ipotesi prevede un insegnamento curricolare da portare all’esame di Terza media. Dalla Buona scuola ai sindaci, tutti i tentativi di trasferire la Costituzione sui banchi

di CORRADO ZUNINO

 

Torna la questione Educazione civica a scuola, ora proposta secondo declinazione leghista. Questa mattina alla Camera i ministri Matteo Salvini (Interno), Marco Bussetti (Istruzione) e Lorenzo Fontana (Famiglia) hanno presentato un Progetto di legge che vuole rendere la materia “obbligatoria in tutte le scuole italiane”. Dall’ingresso alla materna fino all’uscita della Maturità. Segno, da parte della Lega, di una volontà riformatrice profonda, un intervento sulle abitudini culturali di un Paese. Quest’ultimo atto, che prenderà il suo avvio legislativo a gennaio, in Commissione cultura, entra tuttavia in un campo affollato di iniziative pregresse e parallele, di leggi esistenti applicate parzialmente o per nulla.

Il nuovo progetto è a firma del deputato leghista Massimiliano Capitanio e disegna un insegnamento “obbligatorio e curricolare”, dai tre ai diciott’anni. Nelle scuole d’infanzia si prevedono “progetti di Educazione civica” e per la scuola primaria vengono fissate 33 ore annuali con una valutazione sulle conoscenze dal terzo anno delle elementari, quindi certificazioni “soft skills” alla fine del triennio delle medie e del biennio delle superiori. Già oggi, per comprendere l’affollamento sul tema, al termine dell’Esame di Terza media il dirigente scolastico rilascia un giudizio, a proposito della formazione raggiunta, anche sulle “competenze sociali e civiche”. Nel progetto leghista, “condiviso dagli alleati”, l’Educazione civica sarà materia di colloquio in occasione sia dell’esame di Terza che per l’orale della Maturità. Già il prossimo giugno, in verità, all’orale dell’Esame delle superiori si accerteranno “le conoscenze e le competenze maturate nell’ambito delle attività di Cittadinanza e Costituzione”. Una riforma su cui il ministro Bussetti si era autonomamente portato avanti.

Tutto dentro: cyberbullismo, droghe, educazione stradale

La proposta di legge della Lega è larga. Prevede che il Miur elabori un regolamento per orientare l’insegnamento di alcune materie a partire dalla conoscenza della Costituzione, proseguendo con il contrasto a bullismo e cyberbullismo, continuando con l’educazione stradale, l’educazione ambientale, il contrasto alla dipendenza da droghe e alcol. La proposta andrà incardinata con attenzione in commissione Cultura per non rischiare il patchwork onnicomprensivo spesso inefficace. Il disegno leghista prevede lo stanziamento di un milione di euro per premiare le migliori pratiche scolastiche in occasione della cerimonia del 2 Giugno, Festa della Repubblica italiana. “Per facilitare il dialogo tra docenti, studenti e famiglie sono introdotti due momenti di formazione l’anno”.

Salvini: “Genitori senza rispetto”

Il ministro Bussetti dice: “Ciò che è pubblico è nostro, vogliamo insistere su questa concezione della legalità. La prima causa di morte giovanile sono gli incidenti stradali”. Il ministro Fontana ha voluto ricordare come sia stato firmato un protocollo che prevede che la Lingua italiana dei segni sia riconosciuta anche nel nostro Paese come lingua ufficiale. In questo specifico settore servirà formare gli insegnanti. Ma è stato l’intervento di Salvini a far capire come il progetto “Educazione civica” coltivi una speranza educativa e di ordine tout court: “E’ necessario rimettere al centro la scuola, un mondo vissuto a lungo come serbatoio elettorale”, ha esordito il ministro dell’Interno. E poi: “C’è una mancanza di rispetto nei ragazzi e anche nei genitori. A volte sono molto più normali bimbi con qualche disabilità fisica e sensoriale di qualche genitore che si vorrebbe normodotato. E’ inaccettabile che vengano messe in discussione la serietà e la onorabilità di chi sta dietro la cattedra. Ho letto di quel ragazzino che ha preso 3 e ha fatto causa all’insegnante, ma quando accadeva a me io dovevo preoccuparmi di mio padre. Sono cose fuori dal mondo e bisogna imparare il rispetto”.

La proposta esistente dei sindaci

Sull’Educazione alla cittadinanza, in verità, esiste una proposta di legge popolare dei sindaci d’Italia, consegnata alla Cassazione lo scorso 14 giugno. Il sindaco di Bari, e presidente dell’Anci, Antonio Decaro spiega: “Siamo impegnati nella raccolta delle cinquantamila firme necessarie per depositare la legge per introdurre l’Educazione alla cittadinanza come materia obbligatoria nelle scuole. Abbiamo già illustrato la proposta al ministro Bussetti”. Anche in questo caso la vecchia Educazione civica si allarga ai temi digitali, ambientali, dei beni comuni. La stessa Buona scuola renziana, poi diventata Legge 107, aveva assegnato “all’insegnamento dell’Educazione alla cittadinanza una posizione più precisa all’interno dei programmi scolastici di tutte le scuole del nostro Paese” (parole dell’ex ministra Stefania Giannini). Nel 2015 non si istituì, tuttavia, una “nuova materia”, ma si spinse per “un insegnamento trasversale rafforzato”. Già, andando indietro nel tempo si trovano codificazioni di “Cittadinanza e Costituzione” in decreti presidenziali del marzo 1999 e, ancora, “a decorrere dall’inizio dell’anno scolastico 2008-2009”. La materia è sempre esistita – anche con i riferimenti alla scuola dell’infanzia – ed è stata affrontata con grande autonomia dalle scuole italiane.

Le iniziative regionali

Sull’argomento Educazione civica anche le regioni si sono mosse in autonomia. Il Veneto, per esempio. E l’Emila Romagna, che proprio in queste ore ha chiuso l’edizione di “conCittadini”, cento progetti e 35.400 studenti coinvolti su un percorso di cittadinanza attiva, memoria, legalità e diritti.

 

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Scuola, giovani iperconnessi.

Scuola, giovani iperconnessi.

“Una vita nei social, ma la tv resiste”

 

Il ritratto della Generazione Z, i nativi tecnologici che passano oltre cinque ore al giorno davanti a uno schermo. L’indagine su novemila ragazzi interpellati dalla comunità studentesca ScuolaZoo

di ILARIA VENTURI

 

Scuola, giovani iperconnessi, passano più di cinque ore al giorno davanti a uno schermo, sia ecco il pc o il telefonino, il tablet o la tv. Lo smartphone? “Dalla mattina fino all’infinito”: non lo spengono di notte, è la prima cosa che guardano al risveglio. “Ormai è un gesto automatico”, ammettono. Chattano, ascoltano musica, seguono gli youtuber. E leggono, ma praticamente solo online. Vivono nei social, eppure non disdegnano la televisione che non ha perso appeal, anzi si prende una sua rivincita tra i ragazzi rispetto a chi la voleva vedere dimenticata.
Ritratto della Generazione Z (o dei Centennial): i nati tra il 1995 e il 2010, fratelli minori dei Millenials, quelli che usano Internet sin dalla nascita. Ne sono stati fatti tanti, ci prova ora una ricerca condotta da ZooCom e da Havas Media attraverso un sondaggio realizzato sul profilo di ScuolaZoo, che ha coinvolto 9mila giovani dai 13 ai 35 anni, focus group con 72 ragazzi di Milano, Roma, Napoli e Padova e interviste a professionisti, animatori e manager della community studentesca.

“Siamo quelli delle spunte blu di Whatsapp, non conosciamo l’attesa in una relazione. Siamo quelli delle storie su Instagram e quelli di Snapchat: viviamo il presente come non mai. Ci connettiamo a tutto, ci soffermiamo su poco, ci appassioniamo parecchio”, aveva raccontato Giacomo Mazzariol, classe 1997, autore del recente libro “Gli squali”, nel suo viaggio su Repubblica. Questa nuova indagine tenta di capire i come e i perché: “Perché questi ragazzi accedono a Internet? Cosa fanno sui social media? Come entrano in contatto con le nuove tecnologie digitali? “Prima di indagare sulle cause e i motivi della presenza – si legge nella premessa – è necessario capire il momento in cui i ragazzi entrano per la prima volta in contatto con un dispositivo connesso a Internet. L’accesso alle piattaforme digitali avviene come un imprinting, da subito: non è infatti raro vedere dei bambini di 3-5 anni ipnotizzati dai video di Peppa Pig su Youtube”. Nativi tecnologici, dunque.

Lo smartphone? “E’ parte del corpo”
Lo smartphone è il contenitore di tutti i loro interessi. Lo usano per divertirsi (“cazzeggiare” riporta l’indagine riportando le motivazioni di quasi un quarto degli intervistati), per chattare (un quinto), per ascoltare la musica (dal 17 al 21% a seconda delle età), per guardare video (dal 14 al 17%) e per fare ricerche on line (dall’11 al 18%).

Davanti a uno schermo (telefonini, pc, tv, tablet) in media passano più di 5 ore al giorno. Chi ha tra i 13 e i 18 anni ci sta 5 ore e dieci minuti; chi tra i 19 e i 23 anni passa al cellulare o al pc cinque ore e mezze, poco di più chi ha tra i 24 e i 34 anni: 5 ore e tre quarti. Il cellulare è usato principalmente per passare da un social a un altro.

Il più utilizzato, per condividere passioni e interessi personali, è Instagram (99,58%): viene considerato importante “anche la dimensione del gossip: sono diventati dipendenti dalle storie attraverso le quali possono “spiare” amici e vip”. Segue Facebook (72,43%), anche se i più giovani lo usano solo occasionalmente: il 13% degli under 18 dice di non usarlo “perché infastidito dal fatto che ci sono anche i suoi parenti”. You Tube rimane uno dei canali preferiti e Snapchat (52%), racconta l’indagine, resiste grazie ai format video che alimentano le Instagram story. I più piccoli, per “mettersi un po’ in mostra”, usano Musically (18,38%) e ThisCrush (16%). Al contrario, Twitter (usato per le news politiche e per seguire i grandi show) e Linkedin vengono usati dai più grandi.

I like? Niente è casuale…
Quando esprimono una preferenza sui social perché lo fanno? Niente è casuale, spiega l’Indagine. Sono emersi cinque significati ricorrenti: la visibilità (avere tanti follower è sinonimo di desiderabilità, cuoricini e like influenzano l’autostima del 65% dei ragazzi intervistati); la conquista (un modo per corteggiare: metto tutti i like alle sue foto così mi nota, non lo faccio così “schiatta”); l’amicizia (si chiama easy like, non importa il contenuto, appena l’amico pubblica io gli assicuro un like); l’update (per mantenere attivi i rapporti). Infine c’è il “no like” usato per esprimere indifferenza.

Cosa cercano e inseguono sui social?
Abbigliamento, sport, cibo e bevande sono le tipologie più seguite via social. Il motivo? “Cercare qualcosa che stupisca e che scateni una reazione”. In media i ragazzi seguono 17 marche, senza particolari differenze per età. Instagram è il canale degli influencer “che si seguono perché pubblicano dei contenuti interessanti”.

 

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