SONO APERTE LE ISCRIZIONI

unipegaso a Parma al centro studi Parini
SONO APERTE LE ISCRIZIONI

SONO APERTE LE ISCRIZIONI:

Centro ECP dell’università Pegaso

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Il Centro Studi G. Parini è diventato ufficialmente un E.C.P (e-learning center point) dell’Università Telematica Pegaso, un’università costruita sulla base dei più moderni ed efficaci standard tecnologici in ambito e-learning che permette ai propri Allievi di studiare dove e quando vogliono, sostenendo gli esami in una delle numerose sedi, allocate tra i più prestigiosi siti storici italiani.
Presso il Centro Studi lo studente viene seguito sia nella scelta dell’indirizzo di studio più idoneo alle sue esigenze, che nella parte amministrativa, ricevendo un supporto didattico in tutti gli indirizzi di studio.

L’Università Telematica Pegaso, scelta da oltre 70.000 studenti, è l’università comoda, flessibile e alla portata di tutti: giovani, adulti, lavoratori e diversamente abili. Con Pegaso potrai studiare dove e quando vuoi e sostenere gli esami in una delle oltre 70 sedi presenti in tutta Italia.

La grande rivoluzione realizzata da Pegaso è stata quella di portare l’università direttamente nelle case degli Studenti, dovunque si trovino. Del resto, rendere accessibile la formazione a tutti, anche a quelli che per motivi fisici ne sono esclusi, secondo il Presidente e fondatore, Dott. Danilo Iervolino, è alla base della democratizzazione del sapere su cui si fonda la moderna società della conoscenza.

I  corsi di laurea e post-laurea online rappresentano una proposta formativa unica in Italia. Grazie alla migliore didattica e la più potente tecnologia, Pegaso ti accompagna durante l’intero percorso di realizzazione delle tue aspirazioni e dei tuoi obiettivi professionali proiettandoti nel mondo del lavoro o nella creazione della tua impresa.

Oltre alla qualità elevata, i percorsi formativi Pegaso sono molto vantaggiosi grazie alle oltre 500 convenzioni che l’Ateneo ha stipulato con le più grandi aziende italiane.

Inoltre, l’ Università ha deciso di puntare sui giovani creando per loro qualcosa di speciale e di unico, il programma “FUTURO SICURO”: se si ha un’età compresa tra i 18 e i 21 anni e non si è mai stati iscritti presso altri Atenei, la RETTA è di soli € 1.000 (mille/00) annuali e RATEIZZABILI.

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Maturità, ecco come sarà l’esame.

Maturità, ecco come sarà l’esame.

Invalsi ed ex alternanza scuola-lavoro obbligatori per essere ammessi.

 

E’ uscita la circolare del Miur: ritorna il tema di storia, via le buste agli orali

di ILARIA VENTURI

 

Dopo mille polemiche e lo slittamento di un anno, arrivano le prove Invalsi obbligatorie per essere ammessi alla Maturità edizione 2020. E’ una delle novità previste dalla circolare del Miur uscita oggi sull’Esame di Stato che riguarderà circa mezzo milione di maturandi. Le altre erano già state annunciate dallo stesso ministro Lorenzo Fioramonti: il ritorno nel tema di italiano della traccia specifica di storia – una battaglia che Repubblica aveva fatto propria – e l’eliminazione delle tre buste all’orale. Insomma, anche quest’anno c’è un nuovo ministro all’Istruzione che mette mano alla Maturità.

Fioramonti nel suo insediamento aveva esordito: “L’Esame non si tocca per 5 anni”. Non sarà una riforma, ma qualche modifica è arrivata un mese prima di Natale. “Sono dei ritocchi, serve dirlo per non spaventare gli studenti – commenta Antonello Giannelli, voce dell’associazione nazionale presidi  – Prove Invalsi obbligatorie? E’ previsto dalla legge, solo l’anno scorso c’era stata una deroga. Le prove non servono a valutare lo studente, ma la salute del sistema scolastico nazionale. Per quanto riguarda le buste invece io ero a favore, garantivano pari opportunità di trattamento. Il ministro le ha ritenute ansiogene e le ha tolte”.

I requisiti per l’ammissione: Invalsi ed ex alternanza scuola-lavoro

Dovrà essere verificato – recita la circolare – ai fini dell’ammissione dei candidati interni all’esame di Stato dell’anno scolastico 2019/2020, oltre al requisito della frequenza scolastica e del profitto scolastico, anche il requisito della partecipazione, durante l’ultimo anno di corso, alle prove a carattere nazionale predisposte dall’Invalsi e quello dello svolgimento delle attività programmate nell’ambito dei percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento (ex alternanza scuola-lavoro), secondo il monte ore previsto dall’indirizzo di studi. Anche rispetto a quest’ultima voce l’anno scorso era stata fatta una deroga: ora i percorsi diventano obbligatori per l’ammissione all’esame.

Rispetto all’Invalsi – le prove di italiano, matematica e inglese di quinta superiore si svolgeranno dal 2 al 31 marzo 2020 – non conterà il punteggio nell’ammissione all’Esame ma solo il fatto di aver sostenuto la prova. Un’obbligatorietà già prevista dalla legge sulla Buona Scuola nel decreto legislativo n. 62 sulla revisione degli esami di Stato del 2017. L’ex ministro leghista Marco Bussetti aveva rinviato l’applicazione di un anno (così come era stato fatto su scuola-lavoro). Lo stesso Fioramonti si è sempre detto molto critico rispetto ai test, in linea con una posizione condivisa con il M5S. Ora dice:  “Ho aperto una riflessione critica sulle prove Invalsi ma interpreto il ruolo di ministro con prudenza e responsabilità. Ci sono dei passaggi di legge da rispettare. Personalmente resto dell’opinione che queste prove vadano ripensate: possono essere utili per evidenziare le fragilità del nostro sistema di istruzione. Ad ogni modo i loro esiti non influiranno in alcun modo sull’ammissione alla maturità”.

La prova orale

Era uno dei nodi della riforma che aveva fatto più discutere la scorsa Maturità. Era stata eliminata la tesina ed erano state introdotte le tre buste stile quizzone televisivo all’orale: il candidato doveva sceglierne una e da lì partiva il confronto con i commissari. “Non ci saranno più le tre buste”, specifica la circolare. Rimane però l’avvio del colloquio mediante l’analisi da parte dello studente dei materiali preparati dalla commissione d’esame in un’apposita sessione di lavoro, con l’immutata finalità di “verificare l’acquisizione dei contenuti e dei metodi propri delle singole discipline, la capacità di utilizzare le conoscenze acquisite e di collegarle per argomentare in maniera critica e personale anche utilizzando la lingua straniera”, materiali che dunque devono consentire un approccio multidisciplinare.

In merito Fioramonti aveva detto: “Gli esaminandi devono essere messi nelle condizioni di dimostrare quanto valgono e le buste all’orale erano un inutile ostacolo, un elemento di disturbo. Con la Maturità 2020 l’avvio del colloquio non sarà un sorteggio da lotteria, ma la commissione sottoporrà una poesia, un elaborato, una raffigurazione e gli studenti potranno iniziare la loro esposizione e fare i collegamenti tra le materie. La commissione preparerà il materiale e la allargherà davanti allo studente, senza sorprese”.

Il tema di storia

Eliminata dalla commissione guidata dal linguista Serianni e sotto il ministero “verde” di Bussetti, torna la traccia specifica di storia alla prova scritta di italiano. Almeno una delle tracce della tipologia B (analisi e produzione di un testo argomentativo) riguarderà l’ambito storico. Una battaglia raccolta da “Repubblica” con l’appello di Liliana Segre, dello scrittore Andrea Camilleri e dello storico Andrea Giardina per ripristinare la disciplina alla Maturità. “La scelta – si legge nella circolare – è motivata dalla consapevolezza che la storia costituisce disciplina fondamentale nella formazione degli studenti di tutti i percorsi di studio e che vada, quindi, valorizzata anche nell’ambito dell’esame di Stato conclusivo del secondo ciclo di istruzione”.
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Educazione ambientale

Il Parini, un passo avanti.

Educazione ambientale e storia

 

L’audizione dal ministro Fioramonti in commissione cultura di Camera e Senato.

di ILARIA VENTURI

 

Dopo l’introduzione dell’educazione civica come materia obbligatoria (senza ore o docenti aggiuntivi) fatta dal predecessore, ora arriva tra i banchi anche l’educazione ambientale. Non che non si faccia già nelle scuole, anzi. Ma il ministro all’Istruzione Lorenzo Fioramonti ha annunciato che non sarà più materia facoltativa.  “L’anno prossimo l’Italia sarà il primo Paese al mondo dove lo studio dei cambiamenti climatici e dello sviluppo sostenibile sarà obbligatorio” ha detto durante l’audizione in commissione congiunta cultura di Camera e Senato.

Fioramonti ha spiegato le linee programmatiche del suo ministero, con il punto più critico, quello della mancanza di risorse sul quale era già partito all’attacco: pochi fondi per la scuola nella Legge di Bilancio. Dalla reintroduzione del tema specifico di storia alla Maturità all’educazione ambientale allle mense sino ai nuovi concorsi, ecco i punti dell’audizione.

Educazione ambientale e storia

Il ministro ha spiegato che da settembre prossimo “tutte le scuole dedicheranno 33 ore all’anno, circa un’ora a settimana, alle questioni relative ai cambiamenti climatici”. Fioramonti ha detto che “molte materie tradizionali, come geografia, matematica e fisica, saranno studiate in una nuova prospettiva legata allo sviluppo sostenibile” e che “l’intero ministero sta cambiando affinchè la sostenibilità e il clima siano al centro del modello educativo”. Come accaduto per l’educazione civica, non sarà una materia con professori dedicati e ore in più. Mentre sulla storia il ritorno tra le tracce di Maturità è stato confermato. Dopo il manifesto promosso da Andrea Giardina, Liliana Segre e Andrea Camilleri e il dibattito lanciato da Repubblica, Fioramonti ha ribadito che sarà reintrodotto il tema specifico, cancellato dall’ex ministro Bussetti a seguito della revisione da parte della Commissione Serianni dell’esame di Stato. “Ho fatto in modo che la traccia di storia venisse evidenziata tra quelle obbligatorie alla prossima prova di maturità, come è stato richiesto da tanti storici e come da tempo veniva richiesto anche da parte della società civile”.

 

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Per il tuo futuro, certifica le tue competenze informatiche con noi.

CENTRO STUDI G. PARINI

 EI-CENTER ACCREDITATO PER IL RILASCIO DELLE CERTIFICAZIONI INFORMATICHE EIPASS          

 

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EIPASS Cosa vuol dire

EIPASS è l’acronimo di European Informatic Passport (il passaporto europeo dell’informatica).

In ogni suo corso di formazione sia esso certificazione o corso online con attestato di frequenza EIPASS si prefigge il compito di garantire una formazione costante per una carriera di successo.

“Le competenze chiave sono quelle di cui tutti hanno bisogno per la realizzazione e lo sviluppo personali, la cittadinanza attiva, l’inclusione sociale e l’occupazione.”

 

EIPASS Perché ottenere una certificazione

Le certificazioni EIPASS sono studiate per garantire un alto livello formativo prima e durante il proprio percorso lavorativo.

Sono attestati internazionalmente riconosciuti utili per:

  • presentarsi con un curriculum efficace e qualifiche adeguate
  • selezionare e ricercare collaboratori o dipendenti con competenze certificate
  • formare personale qualificato senza intoppi logistici o problemi di gestione del lavoro interno
  • ottenere maggiore punteggio in graduatorie e concorsi pubblici.

EIPASS sostiene la diffusione della cultura digitale e il principio di Lifelong Learning su cui basa i propri programmi internazionali di certificazione.

Come iscriversi ai corsi EIPASS

È possibile iscriversi ai corsi EIPASS direttamente in sede (Centro Studi G.Parini via Mazzini n.6- Parma). Dopo l’iscrizione si riceveranno le credenziali di accesso per la piattaforma DIDASKO dove incominciare ad acquisire e migliorare le proprie competenze informatiche.

È possibile iscriversi anche con la carta del docente.

EIPASS come funziona

I corsi sono interamente forniti sulla piattaforma online DIDASKO, all’interno di ogni corso saranno presenti videolezioni con esperti dell’argomento, E-book scaricabili, slides e test di autovalutazione ripetibili.

Il materiale è disponibile 24 ore su 24 e aggiornato periodicamente per garantire competenze a passo con i tempi.

Quanti punti vale EIPASS

Con l’introduzione del decreto n.374 del 1 giugno 2017 le certificazioni informatiche rilasciate da qualsiasi ente accreditato possono essere riconosciute fino ad un massimo di 2 punti.

ESAMI IN SEDE

Per iscrizione chiamare il 324.69.69.699 – 0521.57.39.63

oppure inviare una mail: certificazioni@centrostudiparini.it

70X70 FUTURO SICURO
COSTRUISCI IL TUO FUTURO

COSTRUISCI IL TUO FUTURO

Centro ECP dell’università Pegaso

 

 

Finiti gli esami di maturità la prima preoccupazione dei futuri studenti universitari è la scelta dell’Università e della “facoltà”

Orientarsi tra le moltissime facoltà del panorama universitario, valutare i corsi di laurea e cominciare a costruire il proprio futuro partendo dall’istruzione. Scegliere il giusto corso di laurea è un dilemma che vivono molti studenti all’indomani dell’esame di maturità.

La scelta della giusta università non è affatto semplice perché sono molti i fattori in gioco: è infatti necessario trovare un giusto compromesso tra talenti innati e aspirazioni e fra interessi e ambizioni, riservando un occhio di riguardo alle richieste del mondo professionale.

Si tratta di un momento molto importante anche da un punto di vista Economico.

Per venire incontro alle esigenze dei giovani e delle rispettive famiglie, l’Università Telematica Pegaso di Napoli propone

NO NUMERO CHIUSO iscrizioni sempre aperte

il programma predisposto da UNIPEGASO , per i giovani studenti d’età compresa tra i 17 e i 20 anni che si iscrivono per la prima volta all’Università.

A soli 1.000 euro (in tre rate) per ogni anno accademico, anziché la quota ordinaria di 3.000 euro.

FUTURO SICURO: una giusta scelta permette di non perdere tempo con ripensamenti o, nel peggiore dei casi, con l’abbandono degli studi.

Per iscrizione chiamare il 324.69.69.699 – 0521.57.39.63

oppure inviare una mail: unitel@centrostudiparini.it

 

 

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Proposta per acquisire 24 CFU

Proposta per acquisire 24 CFU

 

ECP-PARINI PROPONE :

 

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Area professione Docente – Proposta per acquisire 24 CFU

 

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Di seguito il percorso consigliato dall’Univeristà Telematica Pegaso riservato all’Area professione Docente per acquisire 24 CFU

Proposta formativa

 

Insegnamento                                                                             SSD                                       CFU

Didattica dell’inclusione                                                           M-PED/03                                     6
Tecnologie dell’istruzione e dell’apprendimento                      M-PED/04                                     6
Psicologia generale                                                                 M-PSI/01                                       6
Antropologia culturale                                                              M-DEA/01                                     6

Il Percorso Formativo Professione Docente UniPegaso ha un COSTO TOTALE AGEVOLATO DI 500 euro ( anche rateizzabile in 2 rate da 250 euro )

Si precisa che, l’Ateneo si è attenuto alle disposizioni di legge che non prevedono alcun obbligo di frequenza e ha operato in sintonia con quanto stanno facendo tutti gli Atenei statali, non statali e telematici. Pertanto la condizione per la certificazione dei 12 cfu in presenza è data esclusivamente dal superamento dei due insegnamenti scelti all’atto dell’iscrizione.

A tal proposito saranno messi a disposizione degli studenti i materiali didattici (dispense e slide forniti dai docenti incaricati a svolgere le lezioni) in un apposito corso in piattaforma e che saranno oggetto di verifica (esami finali).

 

Per iscrizione chiamare il 3246969699

oppure inviare una mail: unitel@centrostudiparini.it

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Una riflessione sulla scuola italiana

Una riflessione sulla scuola italiana

Scritto da Maria Mancusi

Raccontare la scuola è come raccontare il mondo: l’impressione è sempre la stessa, quella  di rimanere in superficie a guardare la punta di un iceberg, senza la consapevolezza di quello che si agita o si potrebbe esplorare nei fondali. E il primo errore di valutazione, forse, lo abbiamo già fatto dalla prima riga. Aggiustiamo allora il tiro: la scuola non è come il mondo. La scuola è il mondo, quello dell’oggi, ma soprattutto quello del domani. Ci racconta che cosa siamo e che cosa saremo o avremo deciso di essere. Sono anni che l’informazione poco si occupa di questa istituzione e che, quando lo fa, si concentra, esclusivamente e per puro dovere di cronaca, a parlare di quello che “ha” non di quello che “è”, ammesso che  la scuola “sia” ancora qualcosa. E la gente registra certe notizie senza ascoltarle, senza più dare loro un valore, per cui in merito all’argomento son decenni che circolano sempre le stesse opinioni: insegnanti fannulloni e incapaci o, nel migliore e più compatito dei casi, precari, alunni perditempo o bulli, strutture fatiscenti.

“Vecchia” è il solo aggettivo associato alla scuola che però la rappresenti autenticamente, al di là di ogni strumentalizzazione e del pessimismo più nero. La scuola è vecchia, ma non nel senso che vi aspettereste. Non per la classe docente che ormai supera in media i sessant’anni o per gli edifici malridotti. Non è questo il motivo che la rende decrepita. Anche se è quello che vogliono farci credere. Se ciò fosse vero, allora per rinverdirla basterebbe un colpo di spugna, basterebbe davvero inventarsi, come è stato fatto negli ultimi mesi, registri e libri di testo in formato elettronico o iscrizioni on line. Ma non è così.

Si invecchia quando si smette di sperare. E la scuola italiana ha smesso di farlo. Demagogicamente e populisticamente sarebbe semplice riempire questo articolo di tutti quelli che sono i suoi problemi. Si potrebbe cominciare dalla mancanza di carta igienica, di gesso per le lavagne, di inchiostro e carta per  stampanti e fotocopie,  di combustibile per i riscaldamenti,  di pc per insegnati e alunni, fatto quest’ultimo che la dice lunga sulla scuola del futuro, quella giovane, quella dove basta un click. Si potrebbe parlare di scuole “arrangiate” in edifici che erano palazzi privati, dove gli alunni, mai meno di venti per classe, vengono stipati in cucine e bagni oppure di strutture non più sicure e che andrebbero ristrutturate. Ma nemmeno tutte queste costatazioni sarebbero capaci di rendere vecchia la scuola. Le mancanze economiche e strutturali danneggiano la qualità dell’insegnamento e dell’apprendimento, ma di per sé non sono responsabili del fatto che oggi la scuola appaia come un’anziana signora. La sua età non è data da un fattore esterno, per cui, sì, ci auguriamo che si possano trovare fondi da destinare a questa istituzione per sanare le sue carenze e che l’avvento di strumenti elettronici possa ottimizzare la formazione dei ragazzi – e per far ciò andrebbe completamente riprogrammata la didattica e riformulati i libri di testo, perché la probabilità più alta è che la scuola telematica del futuro sia una brutta figlia di quella attuale, nata da una semplice triturazione di programmi e contenuti, il cui fine consiste solo nella lotta alla sopravvivenza per le case editrici, piuttosto che in un investimento di energie per concepire nuove possibilità di studio –  ma non riteniamo che la questione si risolva in questo modo.

Bisogna andare a fondo e nel fondo della scuola, alle sue basi, dentro e fuori di essa, c’è un sostrato umano tutto da analizzare. È l’umano che andrebbe esplorato, alla ricerca di questa vecchiaia che sta cambiando la scuola. E le tipologie umane che la popolano sono almeno tre: quelli che comandano, quelli che brigano, quelli che subiscono. Scontato? Forse che sì, forse che no vi risponderebbe, se potesse parlare, D’Annunzio.

Al primo gruppo appartengono sia i dirigenti e sia i genitori – gli uni alla ricerca di iscritti, perché, per chi non lo sapesse, oramai la scuola deve vendere se stessa e la cosa non sarebbe tanto deplorevole, se a essere in vendita fosse la conoscenza,  gli altri sempre pronti a insegnare ai docenti parassiti il loro lavoro. Entrambi hanno smarrito quel sentimento che dove si fa formazione, alla vita e alla professione, non dovrebbe andare mai perso: la fiducia, nelle persone che insegnano e nelle materie che si insegnano.

Al secondo gruppo appartengono gli insegnati, quelli “over sessanta” e “over venticinque”. I primi costituiscono l’80% della classe insegnate e per lo più sono stanchi del loro lavoro, sono delusi da una professione che non sentono più appartenere loro e che continuano a fare perché qualcuno ha allungato l’età pensionabile. Del resto non potrebbe essere diverso. Loro hanno vissuto la scuola quando questa ancora faceva sognare, quando ancora era un valore. I secondi, una percentuale minima, vivono la scuola come un miraggio. Pagati sempre in ritardo, continuamente peregrini da un istituto all’altro, la loro attività di insegnamento è sempre una meteora, luminosa, affascinate, ma destinata a durare poco. Eppure loro ci credono, sono gli unici che ci credono ancora. Hanno sfidato il ludibrio familiare e pubblico quando hanno scelto questo mestiere e se lo hanno fatto, a differenza di quanto avveniva per il passato, lo hanno fatto solo per passione, solo per seguire una visione, quella dell’eternità delle emozioni che si trasmettono e di quelle che si ricevono dagli allievi. Eh, sì, perché la scuola prima d’insegnare dovrebbe emozionare. Che ne sarebbe di Dante, Shakespeare, Leopardi, senza emozioni? Ma che ne sarebbe anche delle conoscenze matematiche, fisiche, chimiche se perdessimo di vista l’entusiasmo di Galileo quando parla del mondo come di un libro da imparare a leggere, perché Dio ha dato solo all’uomo questa possibilità? Nulla, non ne sarebbe nulla. Esattamente quello che accade oggi. Perché?

Per rispondere veniamo all’ultima tipologia umana che si rintraccia nel grande zoo scolastico, gli studenti: quelli che subiscono le aspettative dei genitori, a cui fino a qualche tempo fa interessava la felicità e la maturazione dei figli, prima che esse venissero identificate con un conto in banca, che subiscono le frustrazioni dei docenti, quelli che non ne possono più e quelli appena lattanti che inorridiscono dinanzi all’apatia di questi ragazzi che spegne i loro furori, quelli che subiscono le ansie della società che li partorisce. Gli studenti. È in loro che si concretizza lo spettro del vecchio. Se ai trentenni di oggi i ritmi e le esigenze della nostra società hanno ucciso i sogni, agli studenti la precarietà della vita e l’indeterminatezza del futuro li ha negati completamente.

E una società che nega i sogni nega il futuro.

Una scuola che nega la speranza è una scuola vecchia.

Per cui eccoli qui i ragazzi della scuola, nella scuola: spigliati fino al disprezzo delle regole e fragili nei loro sogni di carta, nella loro disillusione che diventa angoscia esistenziale.  E come dare loro torto? Sedere tra i banchi è solo aspettare un diploma che li renderà disoccupati, in una società che non sa riprogrammarsi e che non ha insegnato loro né la gioia del sogno né la fatica del reinventarsi.

Il loro disincanto, oggi, è la colpa peggiore.

Sbaglierebbero quanti tendessero a fare di questo discorso un ragionamento di stampo morale, perché una scuola vecchia, vecchia nei giovani che dovrebbero pensare propositivamente al futuro, è un problema ben più che etico, è un problema economico. Una scuola vecchia non è forse  il frutto di una società che ha smesso di investire, di credere nello sviluppo, di credere in una possibilità, di una società che parcheggia le leve del futuro in un asilo di falsi bisogni e di vuote ambizioni?

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Compiti per le vacanze

Compiti per le vacanze

 va meglio a scuola chi ne ha meno

 

Secondo una indagine sull’apprendimento, i risultati più brillanti si maturano sui banchi

di SALVO INTRAVAIA

 

Lezioni agli sgoccioli. E per milioni di alunni e famiglie italiane ritorna l’incubo dei compiti per le vacanze. E’ proprio necessario inondare di letture e esercizi a casa gli alunni per fare crescere le loro conoscenze e le loro competenze? Lo scorso anno il ministro Bussetti fece una circolare in merito invitando gli insegnanti a non esagerare. Da una recente indagine internazionale sugli apprendimenti in Lettura dei bambini di quarta elementare (il Pirls 2016), la cui banca dati è stata aggiornata qualche settimana fa, sembrerebbe proprio di no: i bambini che ricevono per casa una dose minima di compiti, e neppure ogni giorno, strappano punteggi superiori dei compagni che ne ricevono dosi massicce. E nella disfida tra favorevoli e contrari all’allenamento domestico, lontano dalle mura scolastiche e dall’occhio vigile degli insegnanti, i secondi segnano un punto a loro favore. Nell’indagine sulla competenza in Lettura dei bambini di quarta elementare di mezzo mondo, l’Italia si piazza nella parte alta della classifica con 548 punti.

Al primo posto figura la Federazione russa seguita da Singapore. Ma estrapolando i dati in base alla quantità di compiti assegnati dagli insegnanti si vede che gli alunni più tartassati mostrano performance meno brillanti. Dallo score italiano di 548 punti si scende a 543 per gli alunni le cui maestre dichiarano di assegnare compiti a casa tutti i giorni. Mentre gli alunni delle colleghe che li assegnano meno di una volta a settimana salgono a 552 punti. La differenza traspare in modo più evidente facendo riferimento alla quantità di compiti assegnati, espressi in minuti di lavoro richiesti per svolgerli. Quando il compito richiede un impegno di oltre 60 minuti il punteggio scende a 531 punti, se è invece possibile svolgerlo in meno di 15 minuti la prestazione sale di qualità: 552 punti. Benedetto Vertecchi, pedagogista di lungo corso, attribuisce questi risultati al lavoro fatto dagli insegnanti. “Quelli che lasciano meno compiti a casa e ottengono migliori risultati – spiega – probabilmente privilegiano alla scuola dell’adempimento quella dell’apprendimento”.

 

“Oggi – continua Vertecchi – la scuola richiede agli insegnanti una serie di adempimenti burocratici che assorbono parecchio tempo e coloro che curano in classe la lettura ad alta voce, ad esempio, che oggi è quasi del tutto abbandonata, ottengono migliori risultati“. In altre parole, meglio lavorare in classe con i propri alunni che inondarli di compiti a casa. Negli ultimi anni, i genitori hanno alzato la voce contro la mole eccessiva di compiti assegnati ai propri figli. Per Angela Nava, del Coordinamento genitori democratici, “a guidare gli insegnanti deve essere il buon senso”. “Non ci sentiamo di escludere che ci sia bisogno di una fase di riflessione a casa sul lavoro svolto in classe purché questo sia equilibrato e proporzionato. Un bambino – continua Nava – che frequenta una classe a tempo pieno, cui si aggiungono spesso altre attività (sport, musica e altro), non ha il tempo di svolgere troppi compiti”. In accordo con la Nava è Manuela Fini, dirigente dell’istituto comprensivo Domenico Purificato di Roma. “Occorre assegnare meno compiti – dichiara – perché questi vanno assolutamente corretti. Nell’istituto che dirigo – aggiunge – verifichiamo periodicamente con le famiglie il carico di lavoro degli alunni. Anche se occorre distinguere il lavoro di tutti i giorni dagli altri periodi. Nelle lunghe pause, penso a quella estiva, consigliare un libro avvicina i bambini alla lettura”. Mentre per Patrizia Borrelli, docente nella stessa scuola, “il compito a casa non deve essere un esercizio meccanico tout court”. “Deve spingere i bambini – chiarisce – alla lettura e deve abituarli ad organizzarsi il lavoro a casa in autonomia”.

 

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Educazione Civica, Obbligatoria dal Prossimo Anno

Educazione Civica, Obbligatoria dal Prossimo Anno:

Avrà il Voto ma Non Un’Ora

 

Dal prossimo anno scolastico l’Educazione civica tornerà nelle nostre scuole, grazie all’accordo che dal 29 aprile verrà votato in Aula.

A causa del costo eccessivo non sarà possibile un’ora supplementare dedicata a questa materia, tuttavia ci saranno 33 ore trasversali che verranno attinte dalle altre discipline. Agli studenti verranno spiegati “principi di legalità, cittadinanza attiva e digitale, sostenibilità ambientale, diritto alla salute e al benessere della persona”.

Riguardo a chi avrà il compito di occuparsi di questa materia, si è deciso che da questa disciplina “non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.Secondo il Corriere “Si farà usando i docenti della classe e l’organico dell’autonomia, cioè quegli insegnanti senza cattedra che sono a disposizione nelle scuole dopo la riforma Renzi: molti di loro sono tra l’altro abilitati (alle superiori) per l’area giuridica e dunque avrebbero le competenze adatte. Comunque la legge prevede dal 2020 un fondo di quattro milioni per la formazione dei docenti. L’insegnamento potrà essere anche affidato a più insegnanti in contitolarità, ma ci sarà un coordinatore («al quale non sono dovuti compensi o indennità» per questo incarico) per ogni classe che dovrà dare un «voto in decimi» ad ogni alunno”.

Il dubbio che a queste condizioni l’Educazione civica sia una materia solo sulla carta, restano. Secondo l’articolo 10 nei prossimi anni si potrebbe avere un’ora completa dedicata a questa disciplina, ma resta da trovare i fondi necessari.

 

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Sos genitori, l’allarme dei pedagogisti

Sos genitori, l’allarme dei pedagogisti

“Sono fragili, aiutiamoli”

 

A Piacenza il convegno del Centro psico-pedagogico di Daniele Novara: “Occorre sospendere l’attenzione eccessiva sui bambini e cominciare ad occuparsi di mamme e papà”

di ILARIA VENTURI

 

I bambini? Crescono quelli con problemi neuropsichiatrici, hanno sempre più difficoltà ad essere autonomi, nel sonno per esempio. Il digitale invade la loro vita sin da piccoli, aumentando le dipendenze da videogiochi e le tendenze autolesionistiche da adolescenti. L’allarme è suonato dai pedagogisti oggi riuniti al convegno “Dalla parte dei genitori” promosso dal Centro psico-pedagogico di Daniele Novara. Che avverte: basta genitori fai-da-te, amici e confidenti, basta papà-peluche. A più voci, con sfumature differenti, il coro è unanime: l’urgenza ora è educare i genitori per far crescere i bambini.

Quella del convegno è un’occasione per suonare la sveglia senza mettere sul banco degli imputati mamme e papà. “Lo scopo non è colpevolizzare i genitori, ma liberare le loro risorse”, spiega Novara che ha stilato una sorta di decalogo per suggerire come fare, tipo: liberarsi dall’ansia di prestazione, essere concreti, non chiedere il suo parere (ha tre anni, non decide lui). “Occorre sospendere l’attenzione eccessiva sui bambini e cominciare ad occuparsi di mamme e papà”, insiste il pedagogista. “Trent’anni di psicologismo hanno azzerato la capacità di educare di una generazione”, il suo affondo.

Novara fa riferimento ai genitori 30-40enni: “Hanno vissuto il passaggio antropologico da una società dell’appartenzenza alla società del narcisismo”. Le conseguenze? “Pretendono di mettersi alla pari coi figli, si sostituiscono a loro. Spiegano continuamente ai loro figli come si fa a fare le cose, come lavarsi i denti, ma senza essere concreti, prima di mettere una regola sentono di doverla giustificare. Ricordo un papà con un bambino di sei anni e mezzo che mi ha detto: ho l’impressione che mi consideri un suo compagno di giochi. O mamme che vogliono parlare coi figli adolescenti quando loro non vogliono perché sono in un momento di congedo dal nodo materno”.

Novara, che al convegno ha raccolto esperti –  psicologi, pedagogisti e scrittori – come  Silvia Vegetti Finzi, Alberto Pellai, Michele Zappella, Susanna Mantovani, Bruno Tognolini, mette in guardia la politica (“rimetta la centro il problema educativo”) senza puntare il dito contro i genitori: “Lo spot preferito è diventato quello di colpevolizzarli: non li educano, non li controllano. Io dico: aiutiamoli”.

In che modo? “I genitori oggi sono più incerti, vorrebbero il meglio per i loro figli senza sapere bene che cosa è, il mondo li spaventa, e a ragione, e dunque sono disorientati. Occorre educarli non ad essere perfetti, ma sufficientemente buoni” osserva Susanna Mantovani, professoressa onoraria di pedagogia alla Bicocca di Milano. “Chiedono molto, ma spesso chiedono male. Vanno ascoltati nelle loro fatiche come quella di rendere autonomi i figli. Altra cosa è insegnare loro che non esistono soluzioni immediate, rapide: ci vuole del tempo. Ma il messaggio deve essere che ce la possono fare”.

Mariagrazia Contini, pedagogista, già docente dell’Alma Mater, frena: “Però attenzione: i genitori sono sempre più fragili ed è vero. Ma io li trovo anche molto audaci: cercano sul campo di conquistare una loro autorevolezza e vogliono fare felici i loro figli, un desiderio importante e molto nuovo. Un tempo erano i bambini che cercavano di compiacere i genitori, ora è il contrario. E’ chiaro che c’è qualcosa di eccessivo in questo, ma dietro c’è la volontà dare felicità ai figli: una scelta precisa che questi genitori hanno fatto, solo che l’hanno fatta da autodidatti. E sono molto soli nel portarla avanti”. Dunque il suggerimento, fuor di retorica sulla famiglia, è di rinforzare la scuola nel ruolo di supporto educativo, potenziare il sostegno e il welfare per i genitori. “Bisognerebbe che questo diventasse un problema sentito a livello sociale e politico – conclude Contini – i genitori potrebbero fare di meglio, certo. Ma potrebbero anche ricevere qualche aiuto: non hanno bisogno di psicologi, ma di conoscenza di quello che devono fare”.

 

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