Scuola: ipotesi divieto totale dell’uso dei cellulari in classe.

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Scuola: ipotesi divieto totale dell’uso dei cellulari in classe.

Scuola: ipotesi divieto totale dell’uso dei cellulari in classe.

Bussetti: “Sì all’uso didattico”

 

Lo prevedono due emendamenti alla proposta di legge sulla reintroduzione dell’insegnamento dell’Educazione civica nelle primarie e secondarie. L’indicazione sarebbe già stata recepita dalla maggioranza

di CORRADO ZUNINO

 

È partito ieri nella Commissione Cultura della Camera il percorso delle proposte di legge che reintroducono l’insegnamento dell’Educazione civica nella scuola primaria e secondaria. Il testo guida predisposto da Massimiliano Capitanio (Lega) sarà integrato con altre proposte di maggioranza e opposizione. In un testo della Lega (Giorgia Latini) e in un secondo di Forza Italia (a cura dell’ex ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini) si dispone il “divieto, salvo casi particolari specifici, di utilizzo del cellulare e di altri dispositivi elettronico-digitali nei luoghi e negli orari dell’attività didattica”. All’interno della Commissione la maggioranza sarebbe orientata a recepirli. La proposta Gelmini contestualizza il divieto all’interno di “attività di sensibilizzazione degli alunni su diritti e doveri connessi all’uso di internet e degli altri strumenti digitali, nonché su progetti per prevenire e contrastare il bullismo informatico”.

Sulla questione smartphone a scuola si procede con scarti che non aiutano a un’evoluzione organica delle norme sull’uso consapevole di un mezzo così diffuso tra gli adolescenti. Il lavoro più importante sul tema era stato realizzato da una commissione di esperti sotto il ministero guidato da Valeria Fedeli , che a Repubblica anticipò: “Lo smartphone è uno strumento che facilita l’apprendimento, una straordinaria opportunità che deve essere governata. Se lasci un ragazzo solo con un tablet in mano è probabile che non impari nulla, che s’imbatta in fake news e scopra il cyberbullismo. Se guidato da un insegnante preparato, e da genitori consapevoli, quel ragazzo può imparare cose importanti attraverso un media che gli è familiare: internet”. Disse la ministra: “Quello che autorizzeremo non sarà un telefono con cui gli studenti si faranno i fatti loro, sarà un nuovo strumento didattico”.

Con l’insediamento del governo penta-leghista il ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, disse subito di guardare con attenzione alla scelta del Parlamento francese, che nei giorni di giugno aveva votato il primo “sì” al divieto dei telefonini in classe. Successivamente, però, Bussetti disse di non voler buttare via le aperture della Fedeli: “L’uso di smartphone e tablet può essere molto utile a fini didattici”, assicurò. Affermazione che ha ripetuto anche oggi. Ora si presentano le nuove indicazioni della Lega alla Camera: in questi primi sette mesi di governo il ministro si è sempre adeguato alle volontà del partito.

Sul piano dell’Educazione civica, il testo guida prevede quattro articoli. Si parte con un monte ore annuale di 33 ore da affidare ai docenti dell’area storico-geografica nelle scuole secondarie di primo grado e ai docenti dell’area economico-giuridica nelle scuole secondarie di secondo grado e, quindi, si prevede l’organizzazione di un premio annuale per l’Educazione civica destinato alle esperienze migliori realizzate. “L’insegnamento civico”, si legge nel testo del leghista Capitanio, “deve servire non solo ad avvicinare i giovani alla conoscenza delle istituzioni, ma anche a sensibilizzarli alla solidarietà accompagnandoli in percorsi di coesione sociale. L’Educazione civica deve facilitare l’inserimento dei giovani nel mondo del volontariato e la loro integrazione con le persone con disabilità e incoraggiare, anche attraverso l’educazione alla legalità, la loro partecipazione alla vita associata come cittadini attivi”.

La proposta del Movimento 5 stelle è firmata dalla pentastellata Fabiana Dadone. “In particolare l’insegnamento dell’Educazione civica – si legge nel suo testo – deve comprendere lo studio della Costituzione; un’introduzione di base al diritto costituzionale; un’introduzione al diritto dell’Unione europea; l’educazione alla legalità; l’educazione alla cittadinanza digitale; l’educazione al rispetto dei beni culturali, paesaggistici e naturali; l’educazione ai principi delle pari opportunità”. Per il centrista Gabriele Toccafondi, ex sottosegretario all’Istruzione, l’insegnamento dell’Educazione civica “ha lo scopo di sviluppare negli studenti il senso della cittadinanza mediante la conoscenza della Costituzione nei suoi aspetti giuridici, storici, culturali e morali e nella sua qualità di enunziato fondamentale dei valori comuni della vita civile collettiva della nazione”.

 

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Maturità 2019

Maturità 2019

Ritorno a scuola nell’incertezza. Bussetti: “Tutte le novità entro settembre”

Di certo c’è solo una data: il 19 giugno, giorno della prova scritta di Italiano. Il ministro rassicura, ma gli studenti chiedono chiarezza

di SALVO INTRAVAIA

Per la prima volta, i 500mila studenti dell’ultimo anno delle superiori che si apprestano a rientrare in classe non sanno con quale formula affronteranno gli esami di maturità. Il governo Lega-5Stelle intende mettere mano anche alla prossima maturità. A sparigliare le carte, una intervista del ministro dell’Istruzione Marco Bussetti alla Stampa dei giorni scorsi che anticipa novità sui prossimi esami di stato. “E’ un lavoro – spiega l’inquilino di viale Trastevere – che stiamo facendo con gli uffici del ministero. Lo dettaglieremo a decisioni prese e, comunque, entro settembre. L’esame è sempre un tema delicato che mette in fibrillazione ragazzi e famiglie”.Secondo la normativa vigente, la maturità 2019, che prederà il via mercoledì 19 giugno 2019 con la prova scritta di Italiano, si svolgerà secondo le novità introdotte con la Buona scuola bis. E per la precisione: due sole prove scritte, mandando in soffitta la terza prova spesso sotto forma di quizzone a risposte aperte e chiuse; rivoluzione dei punteggi, con 40 centesimi destinati alla carriera scolastica e 20 centesimi per ciascuna prova scritta e per il colloqui; introduzione di un test Invalsi obbligatorio per essere ammessi agli esami, da svolgersi entro il mese di aprile; abolizione della tesina di apertura del colloquio che verrà sostituita da una prova sull’alternanza scuola-lavoro.

Ma, a questo punto, come si svolgeranno i prossimi esami di maturità? Secondo le regole nuove, che diventano vecchie al cospetto delle modifiche ventilate da Bussetti, o seguendo una procedura ancora diversa? L’esame di maturità, negli ultimi anni, è stato al centro delle polemiche per due ragioni: i troppi cervelloni che si diplomano con 100 e lode al Sud e la scarsa selezione di una procedura che, tra compensi ai commissari e costi collegati alle prove d’esame, costa quasi mezzo miliardo di euro all’anno. Col risultato di un “todos caballeros”: tutti promossi. Gli esami conclusi lo scorso mese di luglio hanno dato il seguente verdetto: 99,6 per cento di promossi e “solo” 4 bocciati ogni mille candidati. A svolgere il lavoro sporco sono i consigli di classe, che quest’anno non hanno ammesso 4 ragazzi su cento. L’esame è poi una formalità che tuttavia crea sempre un certo patema d’animo a studenti e genitori. Cui quest’anno si aggiunge l’incertezza delle regole.

“Il fatto che a oggi non ci siano certezze su come verrà strutturato l’esame di maturità rappresenta il nodo problematico di fondo, laddove – dichiara Giulia Biazzo, dell’Unione degli studenti – non si dà alle studentesse e agli studenti un’aspettativa e certezze rendendo più incerto tutto il quadro dei prossimi esami di stato. Come del resto su molti aspetti della scuola italiana”. Le rappresentanze studentesche avevano già criticato la riforma Renzi, soprattutto sugli aspetti che riguardano il quizzone Invalsi, senza svolgere il quale non si potrà accedere agli esami, e il ruolo dell’Alternanza scuola-lavoro, con l’obbligo di avere svolto tutte le 200/400 ore perviste per i liceali e gli studenti dei tecnici e dei professionali, e l’obbligo di relazionare agli esami sull’esperienza svolta. Ma adesso la polemica si è spostata sull’eventuale cambio in corso d’opera annunciato dal governo giallo-verde

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