Maturità 2019: Le ultimissime dal MIUR

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Maturità 2019: Le ultimissime dal MIUR

Maturità 2019: Le ultimissime dal MIUR

Di Andrea Carlino

I temi dell’alternanza scuola/lavoro e delle prove Invalsi sono sempre all’attenzione dell’opinione pubblica. Nelle intenzioni del ministro Marco Bussetti i due aspetti, tra i più contestati della Buona Scuola, devono essere ampiamente rivisti.

Ministro Bussetti: “Profonda riflessione su Invalsi”

A Radio Capital, Bussetti ha ribadito che si cambierà qualcosa su entrambi i fronti: “Profonde riflessioni sull’Invalsi. Il tema è la valutazione generale, che non può avere riferimenti di tipo oggettivo senza considerare contesti e culture. L’attenzione alle persone è fondamentale“.Lunedì scorso, a Il Messaggero, Bussetti era stato ancora più chiaro sull’argomento: “Le prove Invalsi si faranno, ma non saranno prescrittive ai fini dell’esame di Stato. Anche questo rinvio è una decisione di buon senso. Ci sarebbe stata, per la prima volta, una prova di inglese che gli studenti avrebbero affrontato senza avere mai avuto il tempo di sperimentare. Assurdo. La prova rimane come rilevazione degli apprendimenti, come valutazione di sistema. E poi sì, bisogna pensare anche ad altre forme di valutazione non solo degli apprendimenti ma delle soft skills (le capacità personali nell’affrontare problemi e difficoltà, ndr) come fanno molti Paesi dell’Ocse

Alternanza scuola lavoro: attenzione alla qualità

Sull’Alternanza scuola/lavoro, invece, per Bussetti è “un prezioso strumento di acquisizione di competenze. La vorrei qualificata, più mirata e più attenta”.

E sempre a Il Messaggero, Bussetti aveva aggiunto: “Fare esperienze di alternanza è molto importante. Per orientarsi sia nel mondo del lavoro sia nelle università. Tuttavia dobbiamo ricordare che l’Italia è molto variegata. Esistono territori con profonde differenze. Le esperienze che si possono fare nelle grandi città non possono essere fatte nelle campagne. Per questo è giusto dare un numero minimo di ore di alternanza da fare e contare sull’autonomia piena delle scuole. Ciascuna scuola potrà scegliere il percorso di alternanza e la durata con un numero minimo di ore di base. E ovviamente bisognerà sostenerle. Non è la quantità ad essere importante, ma la qualità dei percorsi“.

Interventi nel decreto Milleproroghe

Il Miur conta di intervenire fin da subito sui due argomenti. Come già segnalato da Skuola.net nei giorni scorsi, i primi interventi saranno contenuti nel decreto Milleproroghe, già approvato dal Senato e in esame alla Camera. L’alternanza, per ora, non sarà un requisito per l’ammissione alla maturità. Già nell’emendamento, su cui c’è accordo nella maggioranza, si fa slittare l’entrata in vigore della misura di un altro anno, poi ci sarà il restyling annunciato dal ministro Bussetti con la riduzione delle ore e la probabile definitiva uscita dai requisiti per i maturandi. Stessa sorte per le prove Invalsi che, nel 2018/2109, debuttano in quinta superiore: la partecipazione ai temuti test in italiano, matematica e inglese, diventa requisito d’accesso alla maturità ma non subito, bensì dall’anno successivo, cioè dal 2019/2020.

 

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Maturità 2019

Maturità 2019

Ritorno a scuola nell’incertezza. Bussetti: “Tutte le novità entro settembre”

Di certo c’è solo una data: il 19 giugno, giorno della prova scritta di Italiano. Il ministro rassicura, ma gli studenti chiedono chiarezza

di SALVO INTRAVAIA

Per la prima volta, i 500mila studenti dell’ultimo anno delle superiori che si apprestano a rientrare in classe non sanno con quale formula affronteranno gli esami di maturità. Il governo Lega-5Stelle intende mettere mano anche alla prossima maturità. A sparigliare le carte, una intervista del ministro dell’Istruzione Marco Bussetti alla Stampa dei giorni scorsi che anticipa novità sui prossimi esami di stato. “E’ un lavoro – spiega l’inquilino di viale Trastevere – che stiamo facendo con gli uffici del ministero. Lo dettaglieremo a decisioni prese e, comunque, entro settembre. L’esame è sempre un tema delicato che mette in fibrillazione ragazzi e famiglie”.Secondo la normativa vigente, la maturità 2019, che prederà il via mercoledì 19 giugno 2019 con la prova scritta di Italiano, si svolgerà secondo le novità introdotte con la Buona scuola bis. E per la precisione: due sole prove scritte, mandando in soffitta la terza prova spesso sotto forma di quizzone a risposte aperte e chiuse; rivoluzione dei punteggi, con 40 centesimi destinati alla carriera scolastica e 20 centesimi per ciascuna prova scritta e per il colloqui; introduzione di un test Invalsi obbligatorio per essere ammessi agli esami, da svolgersi entro il mese di aprile; abolizione della tesina di apertura del colloquio che verrà sostituita da una prova sull’alternanza scuola-lavoro.

Ma, a questo punto, come si svolgeranno i prossimi esami di maturità? Secondo le regole nuove, che diventano vecchie al cospetto delle modifiche ventilate da Bussetti, o seguendo una procedura ancora diversa? L’esame di maturità, negli ultimi anni, è stato al centro delle polemiche per due ragioni: i troppi cervelloni che si diplomano con 100 e lode al Sud e la scarsa selezione di una procedura che, tra compensi ai commissari e costi collegati alle prove d’esame, costa quasi mezzo miliardo di euro all’anno. Col risultato di un “todos caballeros”: tutti promossi. Gli esami conclusi lo scorso mese di luglio hanno dato il seguente verdetto: 99,6 per cento di promossi e “solo” 4 bocciati ogni mille candidati. A svolgere il lavoro sporco sono i consigli di classe, che quest’anno non hanno ammesso 4 ragazzi su cento. L’esame è poi una formalità che tuttavia crea sempre un certo patema d’animo a studenti e genitori. Cui quest’anno si aggiunge l’incertezza delle regole.

“Il fatto che a oggi non ci siano certezze su come verrà strutturato l’esame di maturità rappresenta il nodo problematico di fondo, laddove – dichiara Giulia Biazzo, dell’Unione degli studenti – non si dà alle studentesse e agli studenti un’aspettativa e certezze rendendo più incerto tutto il quadro dei prossimi esami di stato. Come del resto su molti aspetti della scuola italiana”. Le rappresentanze studentesche avevano già criticato la riforma Renzi, soprattutto sugli aspetti che riguardano il quizzone Invalsi, senza svolgere il quale non si potrà accedere agli esami, e il ruolo dell’Alternanza scuola-lavoro, con l’obbligo di avere svolto tutte le 200/400 ore perviste per i liceali e gli studenti dei tecnici e dei professionali, e l’obbligo di relazionare agli esami sull’esperienza svolta. Ma adesso la polemica si è spostata sull’eventuale cambio in corso d’opera annunciato dal governo giallo-verde

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Marco Bussetti ministro dell’Istruzione

Marco Bussetti ministro dell’Istruzione

Marco Bussetti ministro dell’Istruzione: un tecnico ‘leghista’ che affronterà il dossier Buona Scuola

 

Marco Bussetti è stato studente, insegnante, dirigente scolastico e professore universitario per l’Università Cattolica di Milano e Pavia, quindi la scuola il nuovo ministro dell’Istruzione Marco Bussetti la conosce bene. Classe ’62, laureato in Scienze motorie, fino ad oggi è stato responsabile dell’ambito X (ossia Milano) dell’Ufficio Scolastico Regionale della Lombardia. È questa la nuova figura scelta a capo del ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca (Miur) del nuovo governo Lega-M5S.

Bussetti, in servizio presso l’IC di Corbetta fino al 2011, è un esperto di legislazione scolastica, come si può leggere sul suo curriculum vitae.

Uno dei compiti che spetterà al nuovo ministro è quello di mettere le mani, come da programma giallo-verde, sulla Buona Scuola. Per farlo sarà necessario che Bussetti tenga a mente le difficoltà quotidiane di chi svolge la propria professione nell’ambito dell’istruzione, andando quindi oltre l’esperienza da dirigente scolastico, al tempo stesso tenendo in considerazione che i fautori dello smantellamento della Buona Scuola speravano in un ministro dell’Istruzione grillino.

Nonostante ciò, il motivo per cui il suo nome è stato scelto per il governo Conte sarebbe la natura tecnica del suo profilo, e non il suo orientamento politico.

Già vengono fugati possibili dubbi sulla preparazione scolastica del nuovo ministro, che si è laureato a suo tempo con il massimo dei voti in Scienze e tecniche delle attività motorie presso l’Università Cattolica di Milano. Lo standard peggiora quando si tratta di lingue: inglese e francese – ammette lui stesso – appena sufficienti.

Sul suo profilo Facebook non ha mai nascosto la sua vocazione da uomo del Nord e la sua simpatia verso Matteo Salvini, con il quale viene ritratto in molte foto.

 

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Il 20 giugno al via la maturità per 509mila studenti

Il 20 giugno al via la maturità per 509mila studenti

Stenta a decollare il progetto Clil, cioè la materia svolta in lingua straniera. Sarà l’ultima prova con le vecchie regole

di SALVO INTRAVAIA

 

La macchina della maturità scalda i motori.Il 20 giugno al via la maturità per 509mila studenti. La ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli ha firmato l’ordinanza che fissa le regole per condurre le ultime prove dell’era Berlinguer-Fioroni. Scegliendo anche le tracce per la prima e le seconde prove, questa è la prassi, sottopostele dal capo della struttura tecnica degli Esami di Stato, Ettore Acerra. “Come ogni anno – dichiara la ministra Fedeli – al Miur abbiamo lavorato per garantire uno svolgimento ordinato dell’esame di Stato e per predisporre delle prove in linea con il percorso formativo delle nostre studentesse e dei nostri studenti, facendo tesoro dell’esperienza degli anni scorsi, delle osservazioni di studenti e docenti, del collegamento con le attività didattiche che si svolgono ogni giorno”.

“Il 20 giugno al via la maturità per 509mila studenti – aggiunge l’inquilina di viale Trastevere – è un traguardo importante, ed è anche un momento di passaggio tra fasi differenti della vita. Vogliamo accompagnare le studentesse e gli studenti in questo percorso”. E da oggi scatta il cronoprogramma che tra un mese e mezzo esatto porterà oltre 509mila studenti del quinto anno alla prova scritta di Italiano. Entro il 15 maggio i Consigli di classe dovranno approvare l’omonimo documento che servirà alle commissioni come guida per svolgere le prove: carriere scolastiche di tutti gli studenti, programmi svolti, tipologie di prove sostenute e esperienze fatte durante i cinque anni.

Un mese dopo, il 18 giugno, si celebrerà la riunione preliminare con i docenti – tre membri interni, tre commissari esterni e il presidente – che esamineranno i ragazzi. E due giorni dopo partirà la kermesse delle prove scritte: il 20 giugno quella di Italiano, nella consueta formula con quattro opzioni (saggio breve/articolo di giornale, analisi del testo, tema storico e tema di attualità), il giorno successivo la prova scritta di indirizzo – versione di Greco al classico, Matematica allo scientifico, Lingua e cultura straniera 1 per il liceo linguistico, scienze umane per il liceo delle scienze umane e lunedì 25 giugno la terza prova scritta, sovente un quizzone con domande a risposta aperta e domande a risposta multipla. Ma quella del 2018 verrà ricordata come l’ultima maturità prima della mezza rivoluzione operata dalla Buona scuola bis.

Con novità su punteggi, prove e requisiti per l’ammissione agli esami. Le novità di quest’anno sono invece pochissime. Una riguarda i modelli di calcolatrice che sarà possibile utilizzare senza incorrere in provvedimenti “rese note – spiegano dal Miur – con una circolare di marzo e chi vorrà usarle dovrà consegnarle il giorno della prima prova scritta per consentire alla commissione d’esame i necessari controlli”. Anche sull’Alternanza scuola-lavoro, che da quest’anno entra a regime, poche novità. Nessun obbligo da parte delle commissioni di indagare sul lavoro svolto. I commissari “nella predisposizione della terza prova, potranno tenere conto, ai fini dell’accertamento delle competenze, delle abilità e delle conoscenze, anche delle esperienze condotte in Alternanza Scuola-Lavoro, stage e tirocinio”.

Stenta a decollare invece la modalità Clil, una materia non linguistica svolta in lingua straniera, introdotta dalla riforma Gelmini. Perché le classi che sono riuscite a svolgere qualche parte del programma in lingua straniera sono poche e anche se gli studenti hanno svolto qualche modulo di Matematica o Storia in inglese non è detto che in commissione ci saranno i docenti delle stesse materie in grado di verificare le competenze degli studenti.

in lingua straniera. Un fallimento dal quale le scuole non sanno come uscire. Ma prima degli esami veri e propri i 509mila studenti iscritti alla maturità dovranno superare lo scoglio dell’ammissione che ogni anno miete 30mila “vittime”.

 

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In Classe Vietati Bermuda, Canotte e Jeans Strappati, la Scuola non è una Discoteca

In Classe Vietati Bermuda, Canotte e Jeans Strappati, la Scuola non è una Discoteca

Siamo arrivati al mese di Maggio, questo significa che si è agli sgoccioli dell’anno scolastico. Maggio però coincide anche con le calde temperature ed ecco allora che spuntano le prime critiche e avvisi da parte dei Dirigenti Scolastici, in particolare si fa riferimento al Dress Code.

Il primo proviene dalla Dirigente Scolastica dell’istituto comprensivo di Leonardo da Vinci di Milano. È stata infatti inviata una circolare diretta alle famiglie nella quale si ricorda che è vietato per gli alunni e alunne indossare pantaloncini, canottiere, bermuda e ogni altro capo di abbigliamento ritenuto non idoneo ad un ambiente scolastico.

Al riguardo sono state espresse molte critiche, ma anche apprezzamenti, in particolare quelli della sociologa Chiara Saraceno che dice: “Fino a dieci anni fa nessuno si sognava di andare a scuola o all’università con le infradito. La differenza tra la spiaggia o la scuola dovrebbe essere mantenuta. Non è un problema di quanta pelle si mostra ma che ci si presenti in modo diverso a seconda del luogo che si frequenta. Senza esagerare nel formalismo è necessario che come si imparano i ritmi del tempo è utile imparare la diversità dei luoghi: l’aula non è la discoteca

Ma la città di Milano non è sola: possiamo ricordare infatti come, lo scorso anno, in un istituto di Rimini si sia avvertita l’esigenza di emanare un Dress Code. Le cose non sono cambiate nemmeno quest’anno, infatti dopo 3 infrazioni gli studenti verranno richiamati con una nota scritta.

 E come dimenticare la circolare del Liceo Righi di Roma dello scorso anno?

A titolo meramente esemplificativo: a scuola le infradito non sono eleganti. In spiaggia, magari, sì. A scuola una minigonna non è elegante. In discoteca, magari, sì. A scuola, un pantalone corto(con eventuali peli sulle gambe, di varia lunghezza, annessi) non è elegante. E non lo è da nessun’altra parte. A scuola, far vedere le ascelle non è elegante. Dal dottore, magari, sì. A scuola, mostrare le proprie mutande mentre si cammina per i corridoi non è elegante. Se si dovesse diventare testimonial di qualcuno, magari, sì

E si continua a leggere nella circolare: “Mi permetto di prevenire qualsiasi possibile istanza avente ad oggetto la pretesa percezione di temperature sub-sahariane che potrebbero, nell’ottica di qualcuno, fungere da giustificazione a scelte di abbigliamento più adatte ad una spiaggia che non ad una scuola. Abbiamo la fortuna di vivere in una zona del mondo beneficiata dal così detto clima temperato mediterraneo: senza entrare nello specifico, estati secche ed inverni miti. C’è di peggio. Qualora doveste mai frequentare scuole situate in zone di clima equatoriale, ne potremo riparlare. Al momento, no

 

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Adolescenti italiani 31 ore a settimana sul web

Adolescenti italiani 31 ore a settimana sul web

I risutati dell’indagine Ocse: nel 2015 erano 21, superata la media dei paesi europei. E lo studio ne risente

di SALVO INTRAVAIA

 

Quasi 31 ore a settimana collegati ad internet utilizzando tutti gli strumenti che la tecnologia mette a disposizione: computer, tablet, smartphone. Oltre quattro ore al giorno trascorse in rete per studiare, chattare e giocare. Sono gli adolescenti italiani che si scoprono più internauti dei coetanei di molti paesi europei. Una overdose di collegamenti, nel 2015, che in appena tre anni sono quasi quasi raddoppiati in termini di ore. È l’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, attraverso uno dei focus sui test Pisa 2015 (Programme for International Student Assessment) che scandaglia le competenze dei quindicenni di mezzo mondo in Lettura, Matematica e Scienze, che ha messo in luce la particolare dedizione al web dei nostri ragazzi. Investigando anche sulle abitudini e sulla situazione economica e sociale dei ragazzi presi in esame per scoprire le formule che portano gli studenti alle migliori performance.
Nel 2012, il test Pisa si svolge ogni tre anni, i quindicenni italiani passavano nel villaggio globale “appena” 17,5 ore a settimana: 2 ore e mezza al giorno, domeniche comprese. Non poco per i loro genitori “immigrati digitali”. Poco per la media Ocse, che si attestava sulle 21 ore settimanali. E in tre anni la metamorfosi: 30,5 ore e media Ocse, di 29 ore ogni sette giorni, superata abbondantemente. Più 80 per cento. In altre parole: gli adolescenti italiani hanno colmato il gap digitale con i loro coetanei europei e non solo. Un bene? A prima vista sembrerebbe di sì. Ma da Parigi precisano: “Esistono modi innovativi, efficienti e promettenti in cui il digitale può essere utilizzato nella didattica, ma fino a quando non diventeranno la norma, è meglio adottare l’approccio coreano: trascorrere una quantità moderata di tempo in internet e ancor meno nei giorni di scuola”.
I ragazzini coreani sono infatti ai primi posti del ranking mondiale per competenze in Scienze, Matematica e Lettura. Preceduti dai compagni finlandesi che navigano in internet per meno ore (28,5 circa a settimana) degli italiani. Che con 481 punti in Scienze si piazzano al 34° posto, su 70 paesi e economie sparsi nei cinque continenti, ma al di sotto della media Ocse. Il grosso del tempo, circa 25 ore a settimana, gli italiani lo passano in rete ma al di fuori delle ore scolastiche. Quelle dedicate allo studio tra le mura scolastiche sono soltanto 5,5. A livello globale le ore trascorse sul web a scuola sono poco di più, circa 6 a settimana, e meno quelle trascorse a casa o comunque al di fuori della scuola: 23, contro le 25 degli adolescenti nostrani. “Le prove suggeriscono – concludono dall’Ocse – che gli studenti più connessi si comportano peggio nelle prove Pisa, in particolare quando usano internet massicciamente nei giorni di scuola”.

 

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Autoregolazione, autoefficacia e co-regolazione nell’apprendimento

Autoregolazione, autoefficacia e co-regolazione nell’apprendimento

Bellissimo articolo scritto da Vincenzo Amendolagine

Diverse ricerche hanno messo in evidenza che spesso il successo scolastico dipende dalla capacità di autoregolarsi. In altre parole, per giungere ai traguardi di apprendimento lo studente deve monitorare, controllare e regolare la sua applicazione nello studio. L’autoregolazione ha un suo iter procedurale ben preciso, ovvero lo studente deve darsi un obiettivo da raggiungere, utilizzare le strategie giuste, monitorare i propri progressi, sondare l’efficacia dell’intero processo.  Perché questa abilità possa estrinsecarsi è molto importante l’approccio psicopedagogico degli educatori (Agina, Kommers e Steehouder, 2011). In pratica, è necessario che i docenti promuovano nei loro discenti, fin dalle prime fasi della scolarizzazione, un processo di apprendimento attivo, che li accompagni nel corso di tutta l’intera carriera scolastica.

La validità dell’autoregolazione nell’apprendimento è un predittore del successo nei contesti scolastici (Zimmermann, 2008). Connessa all’autoregolazione è l’autoefficacia (Bandura, 1977) che il soggetto prova quando sa che, grazie alle sue abilità, è in grado di raggiungere un obiettivo che si prefissato.

Le variabili dell’insuccesso scolastico

L’incremento del ruolo di protagonista nel proprio apprendimento è agevolato da una serie di fattori, quali il possedere delle procedure metacognitive, la motivazione ad apprendere e il contesto di apprendimento (Dembo, Junge e Lynch, 2006). Quest’ultimo svolge un ruolo chiave, potendo attivare o ostacolare l’autoregolazione nell’apprendimento.

L’autoregolazione e l’autoefficacia sono due strumenti importanti che prevengono, laddove presenti, l’insuccesso scolastico. Blair e Raver (2015) vedono l’insuccesso scolastico  correlato ad alcuni elementi, quali le caratteristiche personali (inclusi l’autoregolazione e l’autoefficacia), il retroterra familiare e il contesto scolastico. Fra le caratteristiche personali sono da annoverare la capacità di organizzare le informazioni e di finalizzarle all’esecuzione del compito assegnato; l’abilità di focalizzare la propria attenzione; l’attitudine a riflettere sulle esperienze che si fanno; la competenza sociale, che induce ad avere delle interazioni interpersonali positive.

L’apprendimento cooperativo e la co-regolazione

Frequentemente nei contesti scolastici sono promossi i processi di cooperazione fra alunni nell’ambito dell’apprendimento (cooperative learning). In questo caso, si formano dei gruppi di apprendimento in cui l’autoregolazione nello studio da processo individuale diventa collettivo, coinvolgendo l’intero insieme di studenti che partecipano al gruppo (Hayes, Uzuner – Smith e Shea, 2015). In ragione di ciò, l’autoregolazione diviene co-regolazione.

La co-regolazione è efficace, ovvero promuove anche nel singolo la capacità di autoregolazione, nella misura in cui il gruppo è efficiente, ossia si crea un’interdipendenza positiva fra i membri che lo compongono. Nei gruppi di apprendimento si stabiliscono delle dinamiche differenti. Ci sono, infatti, degli individui che adottano un ruolo più attivo e altri un ruolo più periferico. Alcune volte, però, i membri più attivi non sono necessariamente i più qualificati.

Lavoro di gruppo, autoregolazione e autoefficacia

Uno studio (Fernandez-Rio, Cecchini, Mendez-Gimenez, Mendez-Alonso e Prieto, 2017), svolto dai ricercatori del Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università di Oviedo, in Spagna, ha voluto assodare come l’apprendimento cooperativo influisce sull’autoregolazione e sull’autoefficacia di ciascuno studente che fa parte di un gruppo di apprendimento. Lo studio ha reclutato 2513 studenti di scuola secondaria di secondo grado, con un’età compresa fra 12 e 17 anni, iscritti a 17 differenti scuole che appartengono al Network Nazionale delle Scuole Spagnole che utilizzano quotidianamente l’apprendimento cooperativo. Tutti i partecipanti alla ricerca avevano fatto l’esperienza dell’apprendimento cooperativo per almeno un anno scolastico. Per valutare gli effetti dell’apprendimento cooperativo sugli studenti sono stati somministrati alcuni questionari, quali The Cooperative Learning Questionnarie (Fernandez-Rio, Cecchini, Mendez-Gimenez, Mendez-Alonso e Prieto, 2017), che indaga l’efficacia dell’apprendimento cooperativo; The Strategies to Control the Study Questionnaire (Hernandez e Garcia, 1995), che valuta l’autoregolazione nell’apprendimento; The Global Academic Self – Efficacy Questionnarie (Torres, 2006), che indaga l’autoefficacia percepita.

Dai risultati della ricerca si evince che l’apprendimento cooperativo influenza positivamente l’autoregolazione e l’autoefficacia nell’apprendimento nel 35% circa dei soggetti esaminati (888 ragazzi).

 

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Il contributo della deontologia pedagogica

Il contributo della deontologia pedagogica alla sfida dell’inclusione scolastica

Cosa rende inclusivo un docente specializzato o curricolare? Cosa fare concretamente nell’operatività del quotidiano per testimoniare l’impegno per la crescita degli alunni? L’articolo propone una visione deontologica che definisce, nella prima parte, i principi fondamentali della professione educativa secondo l’approccio del problematicismo pedagogico, e ne propone successivamente una traduzione operativa nella pratica scolastica. L’inclusione è qui declinata come centralità del diritto all’educazione per tutti, non solo per gli alunni con disabilità ma per tutti coloro che, più o meno consapevolmente, sono portatori di bisogni educativi speciali.

 

Introduzione

La traduzione pratica dei principi dell’inclusione scolastica richiede una riformulazione della deontologia di base comune a tutti i docenti, a prescindere dal ruolo e dalla specializzazione. Solo attraverso un ripensamento generale della figura docente (in termini di finalità, competenze, metodologie), sarà infatti possibile tessere uno sfondo significante comune su cui è possibile attuare i principi di una autentica inclusione scolastica, nella direzione della costruzione di contesti sempre più competenti.

L’articolo si propone di analizzare i rapporti che intercorrono tra la riflessione deontologica, elaborata nell’ambito del problematicismo pedagogico di Bertin e dei suoi allievi, e i principi dell’inclusione scolastica, frutto, in Italia, di un lungo cammino di sperimentazione ad oggi tutt’altro che concluso.

La prima parte sarà dedicata ad una rivisitazione degli elementi essenziali della deontologia pedagogica, per mostrare come in essi siano già presenti, sullo sfondo, le linee operative per una inclusione scolastica di qualità. La seconda parte sarà invece dedicata all’analisi di alcune fondamentali competenze chiave, patrimonio comune tanto dei docenti curricolari quanto di quelli specializzati, richieste al docente che opera, nel segno della deontologia, in realtà sempre più complesse, eterogenee, plurali.

I principi della deontologia pedagogica nella prospettiva del problematicismo pedagogico

La deontologia pedagogica non ha soluzioni. Nulla è più lontano dall’approccio filosofico del problematicismo bertiniano di voler fornire non solo la “ricetta” per risolvere una situazione (oggi sempre più) complessa, ma anche la possibilità di un’interpretazione univoca di essa. Così deve essere interpretata anche la prospettiva deontologica che da questo filone prende le mosse: un impegno riflessivo costante che il docente deve condurre sul proprio lavoro e sulle motivazioni che lo sorreggono, diventando sempre di più un “professionista riflessivo”. Una riflessione che attinge dalla pratica e che in essa ritorna per arricchirla e renderla viva, consapevole di sé. Interpretata in questo modo, la deontologia, afferma Bertin, assume i connotati di un pensiero “inattuale”: essa non corrisponde infatti ai canoni del “pensiero sbrigativo” imposti dal paradigma attuale, non soddisfa le esigenze della semplificazione, non offre garanzie di successo: anche per questo, sosteneva Bertin, essa va perseguita, come impegno nei confronti di tutto ciò che è attuale al fine di integrarlo e arricchirlo.

La domanda cui la deontologia risponde non è dunque semplicemente “Cosa fare?” (la ricetta) ma si connota come domanda di senso, che diventa definizione di un orizzonte regolativo formale entro cui iscrivere le diverse prassi educative quotidiane: “A che cosa (fondamentalmente e dal punto di vista etico) deve essere tenuto chi educa?”. Nel rispondere a questa domanda facciamo esplicito riferimento alla proposta Contini che, facendo propria l’impostazione del problematicismo, ha sistematizzato in tre principi fondamentali la deontologia pedagogica delle professioni educative e, tra queste, dell’insegnante.

 

 

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Soft skills

Soft skills, cosa sono e come inserirle nella tua programmazione didattica……

Precisione, resistenza allo stress, problem solving. Sono solo alcune delle famose soft skills tanto ricercate oggi in ambito lavorativo. Si tratta di competenze trasversali che è necessario avere per affrontare con successo il mondo del lavoro e che, proprio per questo motivo, fanno tanto parlare gli insegnanti impegnati a preparare gli studenti al loro primo e vero sguardo sul lavoro.

Le soft skills di efficacia personale sviluppano doti come la creatività e l’equilibrio, fattori fondamentali in ambito lavorativo e necessarie per la risoluzione di problemi anche in caso di mansioni statiche.

Le competenze in ambito relazionale accrescono la capacità di lavorare in gruppo e di cooperare per il raggiungimento degli obiettivi. Tra queste, l’etica e la tolleranza permettono di gestire lo stress causato da relazioni disfunzionali e di adottare comportamenti adeguati a norme e valori condivisi.
Un altro aspetto determinante è la capacità di prendere decisioni e di negoziare, che migliora grazie allo sviluppo di flessibilità, ascolto empatico e distacco razionale.

Le competenze orientate alla realizzazione di sé, invece, riguardano soprattutto la capacità di valutazione, da cui deriva la selezione, la corretta gestione e la valorizzazione delle informazioni. Secondo AlmaLaurea le soft skills sono 14, nello specifico:

1. Autonomia

Capacità di svolgere i compiti assegnati senza il bisogno di una costante supervisione facendo ricorso alle proprie risorse.

2. Fiducia in sé stessi

È la consapevolezza del proprio valore, delle proprie capacità e delle proprie idee al di là delle opinioni degli altri.

3. Flessibilità/Adattabilità

Sapersi adattare a contesti lavorativi mutevoli, essere aperti alle novità e disponibili a collaborare con persone con punti di vista anche diversi dal proprio.

4. Resistenza allo stress

Capacità di reagire positivamente alla pressione lavorativa mantenendo il controllo, rimanendo focalizzati sulle priorità e di non trasferire su altri le proprie eventuali tensioni.

5. Capacità di pianificare ed organizzare

Capacità di realizzare idee, identificando obiettivi e priorità e, tenendo conto del tempo a disposizione, pianificarne il processo, organizzandone le risorse.

6. Precisione/Attenzione ai dettagli

È l’attitudine ad essere accurati, diligenti ed attenti a ciò che si fa, curandone i particolari ed i dettagli verso il risultato finale.

7.

È la capacità di riconoscere le proprie lacune ed aree di miglioramento, attivandosi per acquisire e migliorare sempre più le proprie conoscenze e competenze.

8. Conseguire obiettivi

È l’impegno, la capacità, la determinazione che si mette nel conseguire gli obiettivi assegnati e, se possibile, superarli.

9. Gestire le informazioni

Abilità nell’acquisire, organizzare e riformulare efficacemente dati e conoscenze provenienti da fonti diverse, verso un obiettivo definito.

10. Essere intraprendente/Spirito d’iniziativa

Capacità di sviluppare idee e saperle organizzare in progetti per i quali si persegue la realizzazione, correndo anche rischi per riuscirci.

11. Capacità comunicativa

Capacità di trasmettere e condividere in modo chiaro e sintetico idee ed informazioni con tutti i propri interlocutori, di ascoltarli e di confrontarsi con loro efficacemente.

12. Problem Solving

È un approccio al lavoro che, identificandone le priorità e le criticità, permette di individuare le possibili migliori soluzioni ai problemi.

13. Team work

Disponibilità a lavorare e collaborare con gli altri, avendo il desiderio di costruire relazioni positive tese al raggiungimento del compito assegnato.

14. Leadership

L’innata capacità di condurre, motivare e trascinare gli altri verso mete e obiettivi ambiziosi, creando consenso e fiducia.

Diciamolo però francamente: la nostra scuola, con programmi didattici molto ricchi, verifiche continue e interrogazioni frequenti, presenta una una struttura piuttosto rigida e non sviluppa particolarmente le competenze trasversali nei ragazzi, che invece sono fondamentali per affrontare con successo il mondo del lavoro e non solo.

Ecco che in questo senso viene in aiuto TuttoAlternanza.it, il portale nato dalla partnership tra Tuttoscuola e Civicamente e che ha l’obiettivo di accompagnare gli studenti verso il successo formativo, attraverso approfondimenti su tematiche di grande attualità. Cosa sono le soft skills? Come promuoverle nei contesti scolastici e di vita quotidiana? Perché sono tanto importanti nella realtà lavorativa contemporanea? TuttoAlternanza.it permette di rispondere a queste domande grazie a docenti e ricercatori dell’università telematica IUL (Italian University Line) promossa da Indire e Università degli studi di Firenze.

Come inserire le soft skills nella programmazione didattica?

Sappiamo bene che a scuola il tempo non è mai abbastanza, ma la soluzione è semplice: promuovere le soft skills all’interno del monte orario dell’Alternanza Scuola Lavoro. Per farlo con facilità, TuttoAlternanza.it propone fra le sue soluzioni PRONTI AL LAVORO!, ambienti digitali di apprendimento grazie ai quali gli studenti non rischieranno più di arrivare presso la struttura ospitante impreparati, ma formati a un corretto inserimento sul lavoro.

Uno dei percorsi di PRONTI AL LAVORO! riguarda proprio le soft skills. Il corso delinea una panoramica di queste competenze, fornendo alcuni strumenti per identificarle e migliorarle. Le lezioni sono curate da IUL che verifica e valuta il lavoro dei ragazzi. Di seguito l’offerta formativa proposta:

Unità didattica 1: Skills di efficacia personale
Video lezione
– Materiali di supporto

Unità didattica 2: Skills relazionali e di servizio
– Video lezione
– Materiali di supporto

Unità didattica 3: Skills relative a impatto e influenza
– Video lezione
– Materiali di supporto

Unità didattica 4: Skills orientate alla realizzazione
– Video lezione
– Materiali di supporto

Unità didattica 5: Skills cognitive
– Video lezione
– Materiali di supporto

Attività e test finale.

Quali sono i carichi di lavoro per il docente?

Leggerissimi: può avvalersi pienamente della piattaforma nella quale sono già infierite le lezioni e le attività proposte agli studenti. Con un lavoro minimo del docente, agli alunni verrà assicurato un percorso di qualità e certificato dall’Università

Quali soft skills vengono approfondite nel percorso di PRONTI AL LAVORO! ?

Come abbiamo visto precedentemente, in ambito internazionale sono moltissime le soft skills individuate da docenti ed esperti in materia. La lista, in continua evoluzione, presenta competenze trasversali ritenute indispensabili per entrare nel mondo del lavoro. La proposta di TuttoAlternanza.it presenta e approfondisce le seguenti soft skills:

  • Skills di efficacia personale – relative alla capacità degli alunni di autoefficacia ed auto efficienza.
  • Skills relazionali e di servizio– relative alla capacità degli alunni di entrare in empatia reciproca e sviluppare relazioni significative
  • Skills relative a impatto e influenza- che rimandano alla dimensione organizzativa e lo sviluppo di leadership
  • Skills orientate alla realizzazione– relative alla capacità degli alunni di iniziare e portare a termine un lavoro, anche complesso
  • Skills cognitive– relative allo sviluppo di capacità cognitive complesse da parte degli alunni

Ognuna delle competenze è presentata attraverso delle video lezioni, dei materiali di apprendimento e il modulo presente delle attività conclusive per promuovere maggiormente il protagonismo degli alunni.

 

Per tutto l’articolo e le fonti clicca qui

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Stare bene a scuola si può: vademecum per un buon clima in classe

Stare bene a scuola si può: vademecum per un buon clima in classe

 

Stare bene a scuola si può.Il clima della classe è il frutto di un infinito intreccio di condizioni che possono essere create a partire dalla consapevolezza del docente della propria funzione di guida. In questo articolo si presentano una serie di indicazioni distinte nei diversi momenti di rapporto con la classe, che ogni docente può facilmente applicare durante la sua attività. Nella seconda parte, l’Autrice si sofferma a presentare una serie di attività educative che possono essere messe in atto per favorire un clima di classe positivo.

 

Introduzione

Il compito dell’insegnante è quello di essere formatore nell’accezione più ampia del termine. Il suo modo di essere e di stare nella classe può influire notevolmente sui sentimenti del singolo alunno e sulle dinamiche interpersonali nel gruppo.

Se il docente accede ad una capacità riflessiva (Bruner, 1988; Schön, 1993; Mezirow, 2003;) rispetto a sé e alla relazione/comunicazione in classe, può offrire uno specchio con cui i ragazzi si potranno sintonizzare (Franca, 2014; Rizzolatti e Senigallia, 2006).

Qui di seguito sono proposte delle semplici procedure che il docente può attivare per essere maggiormente consapevole del proprio compito di formatore a tutto tondo.

Prima di entrare in classe

Prima di entrare in classe il docente può soffermarsi, auto osservarsi e ricentrarsi rispetto a:

– Respirazione: cercare di rallentarla e di portarla a livello addominale. Ricordarsi di respirare sempre col naso in modo che ci sia meno iperventilazione e quindi sia facilitata la concentrazione e la calma (Middendorf, 2005).

– Propriocezione: fare un breve check sul proprio orientamento corporeo (Kabat-Zinn, 1990), per riconnettersi al proprio sé corporeo.

– Identità: sentire il proprio nome cercando di essere concentrati sul momento presente (Tolle, 2004; 2008), e sul gruppo classe nel quale si sta per entrare. Capita spesso che ci portiamo dentro l’aula i sentimenti e le emozioni vissute nelle ore precedenti in altre classi; è importante cercare di lasciare fuori dalla porta tutto ciò che non riguarda la storia della classe in cui stiamo entrando in modo da essere più ricettivi a ciò che si muove nel gruppo.

In classe

Esplicitare gli obiettivi

E’ buona norma far presente ad ogni lezione cosa si andrà a fare (attività, contenuti, metodologie, tempi). Su proposta dei ragazzi si potranno anche inserire variazioni nella scansione degli obiettivi in modo da  stabilire un’alleanza educativa (Franca, op. cit.) grazie alla quale ognuno si sentirà partecipe e ascoltato rispetto alle proprie esigenze. La definizione degli obiettivi insieme alla classe è una procedura che sarebbe importante svolgere sempre: all’inizio dell’anno per la scelta condivisa dei progetti, delle attività extra curricolari, della scansione degli argomenti di lezione, ma anche durante tutto l’anno ogni volta che ce ne sia la necessità o se ne presenti l’occasione (Jasmine, 2002). Se la classe si abitua a questa modalità il clima cambia radicalmente. Ovviamente per questo il docente dovrà spendere un po’ del suo tempo, ma i risultati saranno sorprendenti. All’insegnante, nel rispetto della sua funzione educativa, rimarrà sempre il compito e la responsabilità di guida e regia della situazione.

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Bellissimo articolo pubblicato da Educare.it e scritto Giulia Lucchesi

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