people-2557396_960_720 Un diplomato su due ammette: “Ho sbagliato scuola”

Un diplomato su due ammette: “Ho sbagliato scuola”

 

Non calano i pentiti della scelta fatta a 14 anni dell’istituto o dell’indirizzo di studi. Indagine AlmaDiploma su 80mila ragazzi usciti dalle superiori nel 2016 e 2014

di ILARIA VENTURI

 

Sarà per una scelta prematura, da fare a 13-14 anni, o per l’orientamento che ancora non funziona come dovrebbe. Ma si conferma la fatica dei ragazzi nell’individuare la scuola superiore o l’indirizzo “giusto” per loro. Interpellati poco prima della Maturità quasi uno su due (45%) dichiara di aver sbagliato. Dopo un anno, gli stessi ragazzi si dicono pentiti della scelta nel 42% dei casi. E’ il nuovo Rapporto 2018 redatto da AlmaDiploma sulla condizione occupazionale e formativa dei diplomati a dirlo. L’indagine ha riguardato circa 80 mila diplomati del 2016 e del 2014 intervistati rispettivamente a uno e tre anni dal conseguimento del titolo. Ne esce la fotografia dei diplomati rispetto all’esperienza scolastica compiuta e al futuro che li aspetta tra università – scelta dal 70% – e lavoro.

“La transizione post diploma pone il ragazzo di fronte a problematiche complesse: la conoscenza di sé, il possesso delle informazioni indispensabili sull’università e sul mondo del lavoro – spiega Mauro Borsarini, presidente di AlmaDiploma – Proprio per questo diventa fondamentale mettere in atto delle politiche di orientamento che supportino i giovani sia nella scelta dell’università che nel loro ingresso nel mercato del lavoro”. L’indagine, continua, “permette alle scuole di acquisire elementi per poter valutare l’efficacia esterna del proprio curriculum di studi, delle proprie metodologie di insegnamento e della propria progettazione educativa e didattica”.

· LA SCUOLA? “SE POTESSI TORNARE INDIETRO CAMBIEREI”
“La famiglia e gli insegnanti della scuola secondaria di primo grado esercitano un ruolo di fondamentale importanza nella scelta del percorso da compiere”, si legge nel Rapporto. È probabilmente per tali ragioni, dunque, che alla vigilia della conclusione degli studi il 55% dei diplomati del 2016 dichiara che, potendo tornare indietro, sceglierebbe lo stesso corso nella stessa scuola, mentre il restante 45% compierebbe una scelta diversa: oltre un quarto cambierebbe sia scuola sia indirizzo, il 12% ripeterebbe il corso ma in un’altra scuola, l’8% sceglierebbe un diverso indirizzo nella stessa scuola. Intervistati a un anno dall’esame di Satto chi replicherebbe esattamente il percorso scolastico sale al 57%. Ma rimane il 27% che cambierebbe sia scuola che indirizzo. I meno convinti risultano quelli degli istituti professionali e il malcontento cresce a un anno dal diploma.

Un diplomato su due ammette: "Ho sbagliato scuola"

A sinistra i ragazzi intervistati prima del diploma, a destra ad un anno dal diploma (fonte AlmaDiploma)

· DOPO IL DIPLOMA IL 67% SI ISCRIVE ALL’UNIVERSITA’
I diplomati del 2016 iscritti all’università, dopo un anno, sono il 67%. La quota di diplomati dediti esclusivamente allo studio universitario è nettamente più elevata tra liceali (68%) rispetto ai diplomati del tecnico (37%) e del professionale (18%). Rimane assai elevata, ancora dopo tre anni dal diploma – racconta il rapporto – la quota di liceali che studia – esclusivamente – all’università: 62%, contro il 32% del tecnico e il 13% del professionale.? Erano già convinti tra i banchi della scuola secondaria di secondo grado di volerla fare? Sì. Alla vigilia dell’esame di Stato, infatti, l’86% di coloro che aveva dichiarato di volersi iscrivere all’università ha successivamente confermato le proprie intenzioni. All’opposto, l’8% ha cambiato idea.? Il contesto socio-economico e culturale familiare influenza nettamente la scelta. Fra i diplomati del 2016 appartenenti a contesti più favoriti è nettamente più frequente l’iscrizione all’università (79% contro 53% dei giovani provenienti da famiglie meno favorite). Anche il titolo di studio dei genitori ha un peso nelle scelte formative dei giovani: l’84% dei diplomati provenienti da famiglie in cui almeno un genitore è laureato ha deciso di iscriversi all’università. “La scelta delle famiglie di supportare la prosecuzione degli studi – dice il rapporto – è influenzata dalle difficoltà economiche e occupazionali vissute e, in molti casi, chi può fa proseguire gli studi rinviando l’ingresso nel mercato del lavoro”.

· I DIPLOMATI AL LAVORO: PRECARI E STIPENDI DA MILLE EURO
Ad un anno dal conseguimento del titolo, escludendo quanti sono impegnati in attività formative retribuite, risultano occupati 35 diplomati su cento: tra questi 16 hanno scelto di frequentare l’università lavorando. Come era naturale attendersi, questa percentuale raggiunge il suo massimo in corrispondenza dei diplomati professionali (47%) e dei tecnici (42%) mentre tocca il minimo tra i liceali (27%). A tre anni dal titolo sono occupati 46 diplomati (di cui il 18% è impegnato sia nello studio che nel lavoro). Tra i diplomati del 2014, tale quota raggiunge il suo massimo in corrispondenza dei diplomati professionali (69%) e tecnici (56%), mentre tocca il minimo tra i liceali (32%). La disoccupazione coinvolge 20 diplomati su cento ad un anno; una quota significativa che raggiunge il 23% dei diplomati professionali, i più pronti ad inserirsi nel mercato del lavoro. ?Il tasso di disoccupazione, a tre anni dal titolo, scende al 13%. I diplomati che lavorano a tempo pieno hanno per lo più contratti a termine e guadagnano in media, a un anno dal diploma, 1.043 euro mensili netti e a tre anni 1.169 euro.

· ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO COINVOLGE IL 61%
Il rapporto dedica uno specifico approfondimento all’alternanza scuola-lavoro. Dall’Indagine emerge che il 61% dei diplomati dichiara che il percorso didattico concluso prevedeva tali tipi di esperienze che – come ci si poteva attendere – risultano particolarmente diffuse negli istituti professionali (il 91% dei diplomati dichiara che il progetto era previsto) e nei tecnici (86%); riguardano solo in minima parte i licei (40%). L’alternanza scuola-lavoro “non sembra essere un’esperienza isolata, che termina con il diploma – spiega l’indagine – ma spesso si traduce in un rapporto di lavoro con l’azienda presso cui lo studente ha svolto i periodi lavorativi previsti dal progetto”.

Per fonte e tutto l’articolo clicca qui

Administrator