Arriva la rivoluzione dei test Invalsi

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Arriva la rivoluzione dei test Invalsi

Test Invalsi

Arriva la rivoluzione dei test Invalsi: più tempo e meno domande

 

Per la terza media si svolgeranno dal 4 al 21 aprile, e non più durante l’esame finale, con la modalità computer-based e non saranno più in contemporanea in tutte le scuole italiane

di SALVO INTRAVAIA

 

IL ministero dell’Istruzione, in una circolare per i test invalsi, ha spiegato tutte le novità introdotte dalla Buona scuola sul quizzone croce e delizia, da quando è stato introdotto, di mezzo milione di studenti. Il Miur ripercorre le modifiche che partiranno proprio quest’anno delineando le misure messe in campo per evitare di mettere in difficoltà i ragazzi alle prese con la novità.

Innanzitutto, “la partecipazione alle prove invalsi – ricordano dal ministero – è requisito di ammissione all’esame”. Senza avere partecipato, a prescindere dalla valutazione, non si potrà accedere agli esami. E, alle prove di Italiano e Matematica, si aggiunge quella di Inglese. Ovviamente, per coloro che fossero costretti ad assentarsi, sono previste una o più sessioni di recupero. Modalità differenziate (eventualmente anche in forma cartacea) per gli alunni con disturbi specifici dell’apprendimento e per quelli affetti da disabilità.

Le prove non si svolgeranno, come avveniva fino allo scorso anno, nello stesso momento ma “secondo calendari specifici per ciascuna istituzione scolastica”. Per la terza media si svolgeranno dal 4 al 21 aprile i test invalsi. I tre quizzoni avranno inoltre il 10 per cento di domande in meno rispetto alle edizioni precedenti (in cui il numero di domande cambiava ogni anno) e verrà concesso più tempo: 15 minuti in più. In altre parole, per risolvere i diversi item gli studenti avranno a disposizione 90 e non più 75 minuti.

Due le motivazioni che hanno spinto l’istituto di via Ippolito Nievo ad “alleggerire” la prova dei test invalsi. Primo: fare “in modo che le alunne e gli alunni abbiano tutto il tempo per rispondere serenamente alle domande. Secondo: la modalità computer-based “consente di mantenere la stessa precisione nella definizione dei risultati con un numero minore di quesiti di un’equivalente prova cartacea”. Mentre i contenuti della prova d’Italiano e di Matematica saranno in perfetta continuità con quelli delle prove degli anni passati, mentre quelli della prova d’Inglese sono in linea con quanto previsto dal Quadro comune europeo di riferimento delle lingue, al livello A1.

Per sbarcare sul web le prove “sono state predisposte – spiegano da viale Trastevere – su una piattaforma online già utilizzata in diversi paesi europei per lo svolgimento di prove analoghe e in alcune importanti ricerche comparative internazionali”. Ma le scuole medie avranno le necessarie attrezzature – computer e collegamenti internet perfettamente funzionanti – per traghettare le prove Invalsi nel terzo millennio? Qualche settimana fa, alcuni presidi lanciarono l’allarme su un possibile caos, paventando il ritorno alle prove cartacee. Ma all’Invalsi sono categorici: “Si fa presente – spiegano – che ciò non sarà possibile dal momento che la modalità di somministrazione “computer based” delle prove è un requisito fissato esplicitamente dalla legge. Pertanto – continuano

dall’istituto nazionale di valutazione – l’Invalsi, pur dichiarandosi disponibile ad ogni tipo di flessibilità circa l’organizzazione pratica delle prove, non potrà attuare modalità di somministrazione diverse da quelle previste dalla legge”.

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Un diplomato su due ammette: “Ho sbagliato scuola”

Un diplomato su due ammette: “Ho sbagliato scuola”

 

Non calano i pentiti della scelta fatta a 14 anni dell’istituto o dell’indirizzo di studi. Indagine AlmaDiploma su 80mila ragazzi usciti dalle superiori nel 2016 e 2014

di ILARIA VENTURI

 

Sarà per una scelta prematura, da fare a 13-14 anni, o per l’orientamento che ancora non funziona come dovrebbe. Ma si conferma la fatica dei ragazzi nell’individuare la scuola superiore o l’indirizzo “giusto” per loro. Interpellati poco prima della Maturità quasi uno su due (45%) dichiara di aver sbagliato. Dopo un anno, gli stessi ragazzi si dicono pentiti della scelta nel 42% dei casi. E’ il nuovo Rapporto 2018 redatto da AlmaDiploma sulla condizione occupazionale e formativa dei diplomati a dirlo. L’indagine ha riguardato circa 80 mila diplomati del 2016 e del 2014 intervistati rispettivamente a uno e tre anni dal conseguimento del titolo. Ne esce la fotografia dei diplomati rispetto all’esperienza scolastica compiuta e al futuro che li aspetta tra università – scelta dal 70% – e lavoro.

“La transizione post diploma pone il ragazzo di fronte a problematiche complesse: la conoscenza di sé, il possesso delle informazioni indispensabili sull’università e sul mondo del lavoro – spiega Mauro Borsarini, presidente di AlmaDiploma – Proprio per questo diventa fondamentale mettere in atto delle politiche di orientamento che supportino i giovani sia nella scelta dell’università che nel loro ingresso nel mercato del lavoro”. L’indagine, continua, “permette alle scuole di acquisire elementi per poter valutare l’efficacia esterna del proprio curriculum di studi, delle proprie metodologie di insegnamento e della propria progettazione educativa e didattica”.

· LA SCUOLA? “SE POTESSI TORNARE INDIETRO CAMBIEREI”
“La famiglia e gli insegnanti della scuola secondaria di primo grado esercitano un ruolo di fondamentale importanza nella scelta del percorso da compiere”, si legge nel Rapporto. È probabilmente per tali ragioni, dunque, che alla vigilia della conclusione degli studi il 55% dei diplomati del 2016 dichiara che, potendo tornare indietro, sceglierebbe lo stesso corso nella stessa scuola, mentre il restante 45% compierebbe una scelta diversa: oltre un quarto cambierebbe sia scuola sia indirizzo, il 12% ripeterebbe il corso ma in un’altra scuola, l’8% sceglierebbe un diverso indirizzo nella stessa scuola. Intervistati a un anno dall’esame di Satto chi replicherebbe esattamente il percorso scolastico sale al 57%. Ma rimane il 27% che cambierebbe sia scuola che indirizzo. I meno convinti risultano quelli degli istituti professionali e il malcontento cresce a un anno dal diploma.

Un diplomato su due ammette: "Ho sbagliato scuola"

A sinistra i ragazzi intervistati prima del diploma, a destra ad un anno dal diploma (fonte AlmaDiploma)

· DOPO IL DIPLOMA IL 67% SI ISCRIVE ALL’UNIVERSITA’
I diplomati del 2016 iscritti all’università, dopo un anno, sono il 67%. La quota di diplomati dediti esclusivamente allo studio universitario è nettamente più elevata tra liceali (68%) rispetto ai diplomati del tecnico (37%) e del professionale (18%). Rimane assai elevata, ancora dopo tre anni dal diploma – racconta il rapporto – la quota di liceali che studia – esclusivamente – all’università: 62%, contro il 32% del tecnico e il 13% del professionale.? Erano già convinti tra i banchi della scuola secondaria di secondo grado di volerla fare? Sì. Alla vigilia dell’esame di Stato, infatti, l’86% di coloro che aveva dichiarato di volersi iscrivere all’università ha successivamente confermato le proprie intenzioni. All’opposto, l’8% ha cambiato idea.? Il contesto socio-economico e culturale familiare influenza nettamente la scelta. Fra i diplomati del 2016 appartenenti a contesti più favoriti è nettamente più frequente l’iscrizione all’università (79% contro 53% dei giovani provenienti da famiglie meno favorite). Anche il titolo di studio dei genitori ha un peso nelle scelte formative dei giovani: l’84% dei diplomati provenienti da famiglie in cui almeno un genitore è laureato ha deciso di iscriversi all’università. “La scelta delle famiglie di supportare la prosecuzione degli studi – dice il rapporto – è influenzata dalle difficoltà economiche e occupazionali vissute e, in molti casi, chi può fa proseguire gli studi rinviando l’ingresso nel mercato del lavoro”.

· I DIPLOMATI AL LAVORO: PRECARI E STIPENDI DA MILLE EURO
Ad un anno dal conseguimento del titolo, escludendo quanti sono impegnati in attività formative retribuite, risultano occupati 35 diplomati su cento: tra questi 16 hanno scelto di frequentare l’università lavorando. Come era naturale attendersi, questa percentuale raggiunge il suo massimo in corrispondenza dei diplomati professionali (47%) e dei tecnici (42%) mentre tocca il minimo tra i liceali (27%). A tre anni dal titolo sono occupati 46 diplomati (di cui il 18% è impegnato sia nello studio che nel lavoro). Tra i diplomati del 2014, tale quota raggiunge il suo massimo in corrispondenza dei diplomati professionali (69%) e tecnici (56%), mentre tocca il minimo tra i liceali (32%). La disoccupazione coinvolge 20 diplomati su cento ad un anno; una quota significativa che raggiunge il 23% dei diplomati professionali, i più pronti ad inserirsi nel mercato del lavoro. ?Il tasso di disoccupazione, a tre anni dal titolo, scende al 13%. I diplomati che lavorano a tempo pieno hanno per lo più contratti a termine e guadagnano in media, a un anno dal diploma, 1.043 euro mensili netti e a tre anni 1.169 euro.

· ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO COINVOLGE IL 61%
Il rapporto dedica uno specifico approfondimento all’alternanza scuola-lavoro. Dall’Indagine emerge che il 61% dei diplomati dichiara che il percorso didattico concluso prevedeva tali tipi di esperienze che – come ci si poteva attendere – risultano particolarmente diffuse negli istituti professionali (il 91% dei diplomati dichiara che il progetto era previsto) e nei tecnici (86%); riguardano solo in minima parte i licei (40%). L’alternanza scuola-lavoro “non sembra essere un’esperienza isolata, che termina con il diploma – spiega l’indagine – ma spesso si traduce in un rapporto di lavoro con l’azienda presso cui lo studente ha svolto i periodi lavorativi previsti dal progetto”.

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L’università perde professori e ricercatori

L’università perde professori e ricercatori: in sette anni quasi cinquemila in meno.

L’università perde professori e ricercatori, sempre meno toghe. E sempre più precarie: assegnisti di ricerca e docenti a contratto. , s L’università italiana ha perso per strada in sette anni 4.650  professori e ricercatori (il 7,9%): erano 58.885 nel 2010-11, sono 54.235 nel 2016-17. In particolare, diminuiscono di quasi un quinto gli ordinari (da 15.169 a 12.156) e i ricercatori (da 24.530 a 19.737), mentre per effetto del piano straordinario, con le tornate di abilitazioni degli ultimi anni, gli associati segnano un più 16,7%. Insomma il blocco del turnover, che negli anni passati ha frenato il reclutamento negli atenei, si è fatto sentire e i numeri lo dimostrano. In compenso salgono i titolari di assegni di ricerca, studiosi precari con contratti rinnovabili sino a 4 anni: sono cresciuti da 13.109 nel 2010-11 a 13.946 nel 2016-17 (+6,4%). In generale, tenendo conto anche di questo balzo in avanti degli assegnisti, i ricercatori arrivano così a superare i professori ordinari e associati: i primi salgono al 28,1%, gli altri si fermano al 26,2%. È la fotografia scattata dal ministero nel Focus sul personale docente e non docente nel sistema universitario italiano appena pubblicato e che riguarda l’anno accademico 2016-2017.

· POCHE DONNE IN TOGA E QUASI 26MILA DOCENTI A CONTRATTO
Rispetto al 2010-11 la consistenza del personale universitario, pari a 125.600 dipendenti tra docenti e amministrativi, è diminuita del 6,5%. La riduzione coinvolge i professori (-7,9%), i collaboratori linguistici (-7,8%) e il personale tecnico amministratvio (-7,5% a tempo indeterminato; -13,8% a tempo determinato). A questi vanno aggiunti 25.770 docenti, non di ruolo, titolari di contratti di insegnamento nei corsi universitari.

Le differenze di genere si fanno sentire. Se le donne costituiscono più della metà del personale tecnico-amministrativo (58,5%), tra i docenti e ricercatori la loro presenza scende al 40%. Ed è soprattutto ai vertici della carriera accademica che le donne sono poco rappresentate. Nulla di nuovo sotto il sole: le dirigenti sono il 40%. Per le docenti il rapporto parla di “segregazione verticale”: la loro presenza diminuisce al progredire della carriera. Infatti, la percentuale di donne supera seppur di poco la metà tra i titolari di assegni di ricerca (50,7%), raggiunge quasi il 47% tra i ricercatori e, via via, si riduce al 37,2% tra i professori associati ed al 22,3% tra gli ordinari. Tale situazione, precisa il Miur, è abbastanza comune e diffusa anche in altri paesi europei: la percentuale di donne afferenti al Grade A, corrispondente alla posizione di full professor (professori ordinari per l’Italia), in Europa è pari a circa il 21%.

L'università perde professori e ricercatori: in sette anni quasi cinquemila in meno

Fonte Miur

· LA PIRAMIDE ACCADEMICA. ETA’ MEDIA? 52 ANNI
Il mondo accademico, formato da 64.321 unità nelle università statali, si conferma a forma di piramide. I professori ordinari, che sono il 18,9%, rappresentano il vertice. Chi svolge quasi esclusivamente attività di ricerca (titolari di assegni e ricercatori) forma la base: sono il 51,6%. La distribuzione degli accademici per settori scientifico-disciplinari non è omogenea: in percentuale, il maggior numero di docenti e ricercatori afferisce all’area delle Scienze mediche (16,3%) mentre appena il 2% afferisce all’area Scienze della terra. La composizione di ciascuna area per qualifica evidenzia, inoltre, che nelle aree di Scienze giuridiche e di Scienze economiche e statistiche circa il 57% del personale docente e ricercatore è costituito da professori ordinari ed associati, mentre ai Scienze biologiche i ricercatori ed i titolari di assegni di ricerca rappresentano poco più del 60% del personale. L’età media? È pari a 52 anni: si va dai 59 anni dei professori ordinari, ai 52 anni dei professori associati fino ai quasi 47 anni dei ricercatori. Includendo anche i titolari di assegni di ricerca l’età media complessiva scende a 48 anni.

 

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Rinnovo contratto scuola

Rinnovo contratto scuola, dopo nove anni firmato nuovo contratto nazionale: aumento stipendio di 85 euro

Riguarda un milione di addetti ai lavori: docenti e Ata (amministrativi, tecnici e ausiliari) e comprende gli addetti dell’università e della ricerca

Sono circa 200mila gli addetti dell’Alta formazione artistica e musicale (Afam), i ricercatori, i tecnologi, i tecnici e gli amministrativi degli Enti di ricerca e delle università.Per i docenti della scuola, “gli aumenti salariali – spiegano i sindacati – sono in linea con quanto stabilito dalle confederazioni con l’accordo del 30 novembre 2016; da un minimo di 80,40 euro a un massimo di 110,70 euro”. E resta, per le fasce retributive più basse, il bonus fiscale di 80 euro.
“Nessun aumento – puntualizzano i rappresentanti dei lavoratori – di carichi e orari di lavoro, nessun arretramento per quanto riguarda le tutele e i diritti nella parte normativa, nella quale al contrario si introducono nuove opportunità di accedere a permessi retribuiti per motivi personali e familiari o previsti da particolari disposizioni di legge”.
Il bonus per il merito, che ha creato tantissime divisioni all’interno delle scuole in passato, non verrà più distribuito interamente dai dirigenti scolastici ma confluirà in parte (il 70 per cento il primo anno e a decrescere negli anni successivi) nelle tasche degli insegnanti attraverso gli aumenti di stipendio e la restante parte (il 30 per cento, sempre il primo anno) verrà assegnato sempre dai capi d’istituto ma in base alle regole contrattate a livello di istituzione scolastica.
La questione delle sanzioni disciplinari, che ha tenuto in sospeso la conclusione dell’accordo, viene rinviata ad una successiva tornata contrattuale.Mentre la mansione di tutor dell’alternanza scuola-lavoro sarà obbligatoria ma “incentivata” e cioè retribuita a parte.
Verranno mantenuti all’interno del borsellino elettronico i 500 euro per la formazione degli insegnanti per l’acquisti di computer, tablet e corsi di formazione.
Accolta la richiesta da parte degli insegnanti che non riceveranno più e-mail e messaggi anche di notte per riunioni o comunicazioni: il nuovo contratto prevede “il diritto alla disconnessione, a tutela della dignità del lavoro, messo al riparo dall’invasività delle comunicazioni affidate alle nuove tecnologie”, spiegano i sindacati.
Sempre per i docenti della scuola, le riunioni pomeridiane (consigli di classe, collegi dei docenti, ricevimenti dei genitori) passano da 40 ore più 40 ore a 80 complessive.
La formazione in servizio diventa obbligatoria, ma sarà il Collegio e la contrattazione scolastica a stabilire il monte ore complessivo annuale. “Il contratto – commentano Flc Cgil, Cisl e Uil – segna una svolta significativa sul terreno delle relazioni sindacali, riportando alla contrattazione materie importanti come la formazione e le risorse destinate alla valorizzazione professionale. Rafforzati tutti i livelli di contrattazione, a partire dai luoghi di lavoro, valorizzando in tal modo il ruolo delle Rsu (la Rappresentanza sindacale unitaria del singolo istituto) nell’imminenza del loro rinnovo”.
Il contratto appena sottoscritto, che vale per il triennio 2016/2018, scadrà il prossimo mese di dicembre. E già si pensa a quello successivo. “Siamo andati oltre, riuscendo a garantire aumenti superiori a quelli previsti, con l’obiettivo di dare – commenta soddisfatta la ministra Valeria Fedeli – il giusto e necessario riconoscimento professionale ed economico alle nostre lavoratrici e ai nostri lavoratori”. Ecco, nello specifico gli aumenti che dovrebbero scattare a marzo o aprile: 96 euro in media al mese per i docenti delle scuole e 105 euro al mese per i colleghi dell’Afam. “Per gli ATA delle scuole – calcolano al Miur – l’incremento medio è di 84,5 euro (si va da un minimo di 80 a 89 euro), per l’università di 82 euro, per ricercatori e tecnologi di 125 euro, per l’area amministrativa della ricerca di 92 euro, per l’ASI di 118 euro. Salvaguardato, per le fasce retributive più basse, il bonus di 80 euro”.
Ma non solo aumenti. Sono previste “Misure disciplinari – annunciano da viale Trastevere – per chi usa in modo improprio, ovvero con fini non coerenti con l’obiettivo dell’istruzione, della formazione e dell’orientamento, i canali di comunicazione informatici o i social per relazionarsi con gli studenti”. Entro luglio è previsto il rinnovo del codice etico.
E per i docenti che violassero la fiducia accordata dalle famiglie, “mettendo in atto comportamenti o molestie di carattere sessuale nei confronti dei loro alunni” è previsto il licenziamento.
Per le università, “si prevedono misure innovative per il personale che lavora nelle Aziende ospedaliere nonché per i collaboratori ed esperti linguistici, risolvendo alcune questioni rimaste aperte da tempo e mai risolte.
Per gli Enti di ricerca si confermano le forti specificità per il ruolo e per l’importanza che rivestono i ricercatori e tecnologi per la crescita e l’evoluzione del sistema Paese.
E per il personale Afam si prevede che il ruolo di professore di seconda fascia divenga ad esaurimento, puntando a un modello che vede il passaggio verso la prima fascia e fatte salve le graduatorie esistenti”, concludono dal ministero.

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Scuola, altolà di Fedeli: “Inaccettabili le pubblicità classiste dei licei”

Scuola, altolà di Fedeli: “Inaccettabili le pubblicità classiste dei licei”

L’intervento della ministra dopo la denuncia di “Repubblica” sugli istituti che presentano come un vantaggio l’assenza fra gli alunni di poveri, disabili e stranieri. “Così si viola la Costituzione e si nega la nostra vocazione all’accoglienza. Ho chiesto un monitoraggio all’Invalsi, prenderemo provvedimenti”

Le scuole che, per attrarre studenti, “descrivono come un vantaggio l’assenza di stranieri o di studenti provenienti da zone svantaggiate o di condizione socio-economica e culturale non elevata” violano i principi della Costituzione e travisano completamente il ruolo della scuola.  A dirlo è la ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, dopo la denuncia di “Repubblica” che ha raccontato come molti licei, da Milano a Roma, presentino come propri punti di forza (che favoriscono “la coesione” e “l’apprendimento”) proprio l’assenza tra gli alunni di ragazzi di origine straniera, poveri e disabili.

Accade sul portale istituzionale “Scuola in chiaro”, dove ogni istituto pubblica il proprio Rav (Rapporto di autovalutazione): uno strumento nato per aiutare ragazzi e famiglie a scegliere la scuola confrontando le diverse opzioni. Diversi i casi citati da “Repubblica”: “Tranne un paio, gli studenti sono italiani e nessuno è disabile”, scrive ad esempio il classico romano Visconti. Mentre il genovese D’Oria sottolinea come l’assenza di “gruppi particolari” (ad esempio nomadi) offra ai ragazzi un “background favorevole”. “Non posso che stigmatizzare – spiega la ministra – il linguaggio utilizzato da alcuni istituti”. Così “si fa un passo indietro rispetto a una delle caratteristiche fondanti della scuola italiana: la capacità di inclusione e integrazione, riconosciuta anche a livello internazionale. E si nega di fatto l’articolo 3 della Costituzione” (‘Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge’, ndr).

La scuola di cui abbiamo bisogno, spiega Fedeli, è “inclusiva, capace di rispettare e valorizzare le differenze. Una scuola dove nessuno si senta escluso e dove tutti i ragazzi possano (indipendentemente da provenienza e condizioni) essere formati a diventare cittadini consapevoli. Perciò, conclude la ministra,  “scriverò oggi stesso all’Invalsi (l’istituto nazionale di valutazione, ndr)  perché faccia immediatamente un attento monitoraggio dei Rav in riferimento a questo tipo di episodi. L’autonomia delle scuole è sacra. Ma ci sono principi irrinunciabili cui tutti dobbiamo ispirarci”. Invece, “leggendo

certe espressioni sembra che qualcuno li abbia dimenticati. Alcune frasi appaiono gravi, persino classiste. Non sono tollerabili e prenderemo provvedimenti”. Tanto più, avverte, che proprio il Rav “rientra fra gli strumenti di valutazione” delle scuole e dei presidi.

 

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esami maturità
Maturità 2018

Maturità 2018, annunciate le materie della seconda prova.

 

Maturità 2018, annunciate le materie della seconda prova Matematica allo Scientifico, Greco al Classico
La Ministra Fedeli firma il decreto Torna #NoPanic, l’iniziativa del Miur dedicata all’Esame

 

Maturità 2018 ,Greco per il Liceo classico, Matematica per lo Scientifico, Scienze umane  per il Liceo delle Scienze umane, Economia aziendale per l’indirizzo Amministrazione, Finanza e Marketing degli Istituti tecnici, Scienza e cultura dell’alimentazione per l’indirizzo Servizi enogastronomia e ospitalità alberghiera degli Istituti professionali.

Sono alcune delle materie scelte per la seconda prova scritta della Maturità 2018, annunciate oggi sui profili social del MIUR, dopo la firma dell’apposito decreto da parte della Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Valeria Fedeli. Il post di annuncio delle materie segna anche il ritorno di #NoPanic, l’iniziativa social del MIUR lanciata lo scorso anno per accompagnare con materiali informativi, consigli di esperti e video esplicativi i mesi che precedono la Maturità.

“Alle ragazze e ai ragazzi che affronteranno le prove a giugno faccio un grande in bocca al lupo. So che questo momento era molto atteso, come ogni anno. Si tratta del primo rito ufficiale che apre il percorso che nei prossimi mesi vi condurrà verso l’Esame. Anche quest’anno la macchina della Maturità si è messa in moto per garantire che tutto si svolga nel migliore dei modi: c’è un grande lavoro dietro le prove che svolgerete”. Prosegue la Ministra: “Le materie della seconda prova sono state individuate anche quest’anno scegliendo tra quelle che caratterizzano maggiormente il corso di studi. Ringrazio fin da ora le docenti e i docenti per l’impegno che metteranno nell’accompagnarvi verso l’Esame. Continuate, ogni giorno, a consolidare la vostra preparazione, ad arricchire le vostre conoscenze e competenze. Non solo in vista della Maturità, ma come bagaglio da portare con voi lungo tutto l’arco della vita”.

La #Maturità2018 avrà inizio il prossimo 20 giugno con la prova di Italiano. Il 21 giugno sarà la volta della seconda prova scritta, nella materia caratterizzante ciascun indirizzo. L’elenco completo delle materie scelte per la seconda prova è disponibile da oggi nella sezione dedicata all’Esame di Stato del II ciclo sul sito del MIUR:
http://www.istruzione.it/esame_di_stato/index.shtml.

Questo l’elenco sintetico delle principali materie.

Licei
Le materie scelte per la seconda prova sono: Greco per il Liceo classico; Matematica per lo Scientifico, anche per l’opzione Scienze applicate; Lingua e cultura straniera 1 per il Liceo linguistico; Scienze umane per il Liceo delle Scienze umane, anche per l’opzione Economico sociale; Discipline artistiche e progettuali caratterizzanti l’indirizzo di studi per il Liceo artistico; Teoria, analisi e composizione sarà la materia della seconda prova al Liceo musicale; Tecniche della danza al Liceo coreutico.

Istituti tecnici
Tra le materie scelte per i Tecnici: Economia aziendale per l’indirizzo Amministrazione, Finanza e Marketing; Lingua inglese nell’opzione Relazioni internazionali per il marketing e nell’indirizzo Turismo; Estimo per l’indirizzo Costruzioni, Ambiente e Territorio; Meccanica, macchine ed energia per l’indirizzo Meccanica, Meccatronica ed Energia; Sistemi e reti per l’indirizzo Informatica e telecomunicazioni; Progettazione multimediale per l’indirizzo Grafica e comunicazione; Economia, Estimo, Marketing e legislazione per l’indirizzo Agrario.

Istituti professionali
Tra le materie scelte per i Professionali: Scienza e cultura dell’alimentazione per l’indirizzo Servizi enogastronomia e ospitalità alberghiera, Diritto e tecniche amministrative della struttura ricettiva nell’articolazione Accoglienza turistica; Tecniche professionali dei servizi commerciali per l’indirizzo Servizi commerciali; Tecnica di produzione e di organizzazione nell’indirizzo Produzioni industriali e artigianali – articolazione Industria; Tecnologie e tecniche di installazione e manutenzione per l’indirizzo Manutenzione e Assistenza tecnica.

Le materie affidate ai commissari esterni sono state individuate in modo da assicurare un’equilibrata composizione della Commissione. Sulla pagina del sito del Miur dedicata all’Esame di Stato è disponibile anche l’elenco delle discipline affidate a commissari esterni.

Quest’anno sono oltre 300 gli istituti coinvolti nel Progetto ESABAC  per il rilascio del doppio diploma italiano e francese; tra questi, per la prima volta sono compresi percorsi dell’istruzione tecnica (ESABAC Techno).

 

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