Scuola, troppi compiti nelle vacanze

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Scuola, troppi compiti nelle vacanze

Scuola, troppi compiti nelle vacanze non aiutano il rendimento scolastico

Una ricerca internazionale fatta sugli studenti di terza media e quarta elementare dimostra che i risultati in Matematica e Scienze peggiornano quando le ore dedicate allo studio a casa durano più di tre ore alla settimana

di SALVO INTRAVAIA

Troppi compiti a casa fanno male al rendimento scolastico. Le vacanze di Natale sono agli sgoccioli e per migliaia di alunni, grandi e piccoli, si ripropone il solito problema: immergersi a capofitto nello studio per svolgere tutti i compiti assegnati dagli insegnanti oppure fare solo il necessario e sperare che nessuno se ne accorga? La questione dei compiti da svolgere al di fuori della giornata scolastica, da un po’ di tempo a questa parte, è diventata centrale per le famiglie italiane. I genitori protestano per il carico eccessivo cui sono sottoposti i loro figli durante i pomeriggi. Mentre le maestre, per assegnarli in grande quantità, li considerano fondamentali per l’apprendimento.

Ma qual è la dose giusta di compiti a casa? E sono sempre utili? Una indicazione arriva dai test internazionali svolti nel 2015 dagli alunni di terza media e di quarta elementare di mezzo mondo: il Timss, sugli apprendimenti in Matematica e Scienze. E’ il risultato è sorprendente.

In Matematica, i ragazzini italiani di terza media collezionano 494 punti in Matematica e 499 in Scienze. Ma se si va a guardare il risultato in base alla quantità di compiti assegnati a casa (in termini di minuti di studio a settimana) si scopre che coloro che studiano nel pomeriggio da 45 minuti a 3 ore a settimana di geometria e polinomi – pari al massimo a 25 minuti al giorno, domeniche comprese – lo score sale a 502 punti. Mentre coloro che studiano ancora più delle tre ore settimanali il punteggio precipita a 488 punti. Stesso discorso, anche se con differenze inferiori per le Scienze. “L’effetto del ‘troppo studio’, che ovviamente va spiegato meglio con ulteriori approfondimenti mirati, è coerente con la raccomandazione che, come Invalsi, non ci stanchiamo mai di fare di ‘non esercitarsi eccessivamente sulle prove Invalsi’, perché, trattandosi di prove non nozionistiche, non ha senso incoraggiarne l’allenamento meccanico”, spiega Paolo Mazzoli, direttore dell’Invalsi.

“Credo di poter dire – aggiunge Mazzoli – che lo stesso discorso vale anche nella didattica quotidiana della matematica, e cioè che, ad esempio, fare 10-20 esercizi simili sulle equazioni, o sulle equivalenze, rischia di risultare controproducente rispetto ad un auspicabile apprendimento duraturo e ben padroneggiato”. Anche “per le scienze, sempre riferendoci alla terza media, abbiamo ugualmente un aumento del punteggio degli alunni che studiano meno di tre ore a settimana (ma più di 45 minuti) ma la differenza non è statisticamente significativa”, conclude. E passando ai piccoli di quarta elementare, spesso inondati di compiti che risultano difficili anche per i loro genitori, le cose non cambiano.

In questo caso l’Italia fa bella figura nel confronto internazionale: 507 punti in Matematica e 516 in Scienze piazzano i nostri piccoli nella parte alta del ranking. E spulciando tra una miriade di numeri salta fuori che i risultati migliori in Matematica arrivano dai bambini che studiano a casa da 31 a 120 minuti a settimana. Forse soltanto per ripassare ciò che si è appreso in aula. Per loro il punteggio sale a 513 punti. Mentre per i compagni ai quali le insegnanti assegnano un carico di lavoro pomeridiano superiore alle due ore settimanali la performance si appanna: 484 punti, ben 29 lunghezze in meno.

E in Scienze i dati sono sorprendenti: i piccoli ai quali le maestre non assegnano nessun compito a casa salgono addirittura a 544 punti. Un risultato che avvicinerebbe i bambini di quarta elementare nostrani alle posizioni di vertice della classifica mondiale, guidata da Singapore con 590 punti.

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Alternanza scuola lavoro

Alternanza scuola lavoro, cento docenti a vigilare e un bottone rosso per le denunce.

Agli Stati generali la ministra Fedeli annuncia la nuova piattaforma online. “Il progetto scolastico è stato una delle maggiori innovazioni degli ultimi anni”. La Cgil: “Attenzione, molti studenti a marzo votano”. Manifestazioni al Miur

di CORRADO ZUNINO

Per valutare e risolvere gli aspetti critici dell’Alternanza scuola lavoro – studenti mandati a spalare in stalla invece che istruiti al funzionamento di una fattoria didattica, ragazzi di un Alberghiero chiamati a piegare maglioni da Zara invece di apprendere come si allestisce una vetrina -, il ministero dell’Istruzione ha istruito cento docenti, oggi incardinati nei venti Uffici scolastici regionali, li ha affidati a una task force centrale di dieci persone guidata dal capo delle segreteria tecnica della ministra, Oscar Pasquale, e ha chiesto a tutti e centodieci di occuparsi delle esperienze formative che non tornano, delle segnalazioni di mala Alternanza che, da oggi, potranno arrivare direttamente dagli studenti. Il piano prevede anche l’intervento di mille tutor dell’Agenzia nazionale per le politiche del lavoro attivo, istituita con il Jobs Act: duecentocinquanta saranno operativi da gennaio. Ieri mattina il gruppo dei cento docenti ha raggiunto Roma per finalizzare le istruzioni fin qui ricevute

La novità della Legge 107, l’Alternanza appunto, è stata fortemente criticata in autunno ed è stata motivo di manifestazioni di piazza ancora ieri. “Le nostre università, con i tirocini sfruttamento, sono ormai palestre di lavoro gratuito o precario”, dice Andrea Torti della Link, organizzazione che attraverso l’Unione degli studenti ha organizzato un corteo che si concluderà – servizio d’ordine permettendo – sotto le finestre della ministra con alcuni ragazzi in tuta blu e incatenati.

Aprendo gli Stati generali dell’Alternanza scuola lavoro, questa mattina nella Sala delle comunicazioni del ministero, Valeria Fedeli ha illustrato la nuova piattaforma allestita all’interno del sito del Miur (www.alternanza.miur.gov.it). Le scuole, da oggi, potranno cercare qui luoghi di ospitalità per il mezzo milione di studenti del triennio superiore chiamati ad apprendere la logica del lavoro, a fare le prime esperienze di orientamento post-diploma (sono 400 le ore obbligatorie di Alternanza per gli iscritti agli istituti tecnici e professionali, 200 ore quelle per i licei). Sulla nuova piattaforma, evoluzione del vecchio registro tenuto in collaborazione con Unioncamere, le aziende, i musei, i negozi commerciali, le organizzazioni no profit, i giornali, le università, le fattorie potranno offrire il loro progetto formativo e indicare i luoghi dove si svolgerà. Racconta Oscar Pasquali: “La nuova piattaforma riprende la logica booking.com, ospiterà l’incontro tra domanda educativa e offerta di esperienze”.

Il sito ufficiale sull’Alternanza scuola lavoro, fino a ieri, era un elenco di aziende e strutture che indicavano il numero di studenti che potevano accogliere, gli orari in cui si poteva svolgere il progetto didattico. Da oggi sulla pagina le notifiche avvertiranno il singolo istituto che una sua richiesta è stata soddisfatta. La nuova Alternanza prevede un ciclo di lezioni sulla sicurezza preparato dall’Inail: sette blocchi, quattro ore in tutto, e lo studente a ogni fine sessione dovrà rispondere alle domande. Se per tre volte non supererà il test, dovrà ripartire da capo. Ancora, ci sarà un ampio spazio in cui le tre figure protagoniste (scuola, alunno e struttura ospitante) potranno vicendevolmente valutarsi. In futuro il portale offrirà un registro delle presenze per chi ha svolto fuori dall’istituto scolastico le ore obbligatorie.

Il punto centrale e più discusso delle nuove pagine è il “bottone rosso”, raggiungibile con un “clic”. Il singolo studente, “prendendosene la responsabilità”, potrà segnalare episodi o cicli interi di cattiva formazione. La mala Alternanza, sì. Prima di far arrivare la denuncia direttamente al ministero dell’Istruzione, ogni ragazzo dovrà far sapere se si è già rivolto al responsabile scolastico del progetto o al dirigente dell’istituto. Se non l’ha fatto – e dovrà certificarlo online – potrà comunque rivolgersi al Miur. Entro sette giorni l’ufficio distaccato del ministero dovrà dare una risposta. Se lo studente non sarà soddisfatto, potrà chiedere l’intervento del ministero centrale (che in cinque giorni risponderà).

“I numeri dei primi tre anni di attuazione sono incoraggianti”, dice la Fedeli, “la risposta da parte delle scuole è stata significativa e immediata. Le esperienze pionieristiche di Alternanza scuola lavoro risalgono al 2003 e oggi dobbiamo garantire percorsi sempre più qualitativi. Stiamo parlando di una didattica preziosa, una delle maggiori innovazioni introdotte nella scuola negli ultimi anni. Unisce il sapere al saper fare, consente di consolidare conoscenze acquisite sui banchi, di sviluppare competenze come il problem solving e il lavoro in gruppo. E’ un’attività, soprattutto, di orientamento e permette ai giovani di conoscersi meglio, di scoprire attitudini e preferenze”.

Il ministero dell’Istruzione ha redatto una Carta dei diritti e dei doveri degli studenti in Alternanza: “Garantirà l’accesso a una formazione personalizzata e coerente con il piano di studi, da svolgere in un ambiente di qualità, con obiettivi di apprendimento chiari, un tutor scolastico e uno nella struttura ospitante”, dice la Fedeli. La Carta è stata contestata dagli studenti di Uds e Udu, le sigle più rappresentative. Sul bottone rosso ancora la ministra: “Potremo seguire le segnalazioni, monitorarne i percorsi e garantire risposte rapide”. Cita infine ottanta esempi di “buone esperienze”, tutte rintracciabili sul nuovo sito.

Francesco Sinopoli, segretario della Flc Cgil, è sempre critico: Il quadro resta fortemente negativo. Il Miur non tocca il numero delle ore obbligatorie, non modifica percorsi pesantemente ancorati alle presunte esigenze del mercato del lavoro, aggrava norme che favoriscono lo sfruttamento dei ragazzi in Alternanza in sostituzione di lavoratori retribuiti, non dà certezza sulla gratuità dei percorsi per studenti e famiglie. Il tema sarà uno degli argomenti più rilevanti su cui si giocherà la partita delle prossime elezioni politiche, dal momento che poco meno della metà degli studenti in Alternanza potrà esercitare il diritto di voto”.

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Lettura alle scuole elementari

Lettura alle scuole elementari, Italia meglio dell’Europa

 

Indagine Iea Pirls 2016 sulla quarta primaria: siamo al 16° posto sui 50 Paesi del mondo analizzati, ma con performance superiori a Germania, Spagna e Francia. Il Nord-Ovest ha punteggi alti, si riduce la distanza tra femmine e maschi. Risultato significativo, considerando anche l’incremento degli scolari immigrati, che abbassano il livello di lettura di una classe

di CORRADO ZUNINO

Tra i nove e i dieci anni, nella classe che in quasi tutti i Paesi del mondo è la quarta elementare, si è già imparato a leggere e si inizia a leggere per imparare. L’Italia, tra le cinquanta nazioni industrializzate e non che hanno partecipato all’indagine Iea Pirls (Progressi in international reading), da noi curata da Invalsi, ha preadolescenti che sotto questo aspetto crescono: nel 2016, infatti, abbiamo sette punti in più in lettura e comprensione rispetto a quindici anni fa, primo ciclo di indagine. Oggi svettiamo con 548 punti, diciotto in più della media internazionale (500) e, sedicesimi classificati su 50 (a pari merito con la Lituania e un punto dietro gli Stati Uniti), abbiamo performance nella lettura migliori di stati comparabili sul piano dell’educazione e dello sviluppo: il Canada è 23°, la Germania 26a, Israele 29°, il Portogallo 30°, la Spagna 31a e la Francia 34a.

In testa alla classifica Pirls c’è la Federazione Russa (che guida il blocco dei Paesi dell’Est europeo con la Polonia sesta). Secondi e terzi sono Singapore e Hong Kong, quarta l’Irlanda e quinta è la Finlandia.
Il miglioramento dei nostri novenni, rispetto al primo ciclo tenuto nel 2001, ha un peso perché è avvenuto contestualmente a un aumento significativo della proporzione di studenti immigrati, che, si sa per esperienza, abbassano il livello di lettura di una classe. In quindici anni gli alunni stranieri nelle aule italiane sono passati dal 2 al 10 per cento, eppure il corpo dei ragazzini nel reading è cresciuto. Tutto insieme. La seconda questione che conta è che nei cinque anni compresi tra il 2006 e il 2011 eravamo peggiorati di dieci punti: l’ultimo quinquennio, quindi, ha rappresentato una svolta positiva, che ci ha riportati vicini ai livelli di dieci anni fa (511 punti) e andrà indagata. Oggi nel reading abbiamo quattro punti in più della media Ue – ricordiamo che in Scienze siamo sotto la media europea mentre abbiamo recuperato la distanza in Matematica – e sette punti in più dei risultati dei Paesi industrialmente sviluppati (Ocse). Sul lungo periodo, in questi quindici anni siamo cresciuti un po’ meno della media dei Paesi europei (7 punti contro 9), ma più della media dei Paesi industrializzati (7 contro 5).

MASCHI PIU’ VICINI ALLE FEMMINE
L’indagine Pirls, che rileva anche le esperienze familiari e scolastiche che possono influenzare l’apprendimento dei bambini, ha coinvolto 3.900 studenti rappresentativi di oltre 520.000 della quarta primaria. Il buon risultato degli italiani si vede, ancora, scandagliando i quattro livelli di lettura. La percentuale che raggiunge il Livello avanzato, rispondendo con successo ai quesiti più difficili, è dell’11 per cento (un punto sopra la media generale), coloro che arrivano al Livello alto sono il 52 per cento, oltre la metà del campione e cinque punti sopra gli altri Paesi. L’87 per cento è a un livello intermedio (cinque punti meglio degli altri) e la quasi totalità degli scolari italiani (98%) riesce a rispondere almeno ai quesiti più semplici sottoposti dal Pirls (due punti in più della media globale).

In Italia, è il secondo messaggio che discende dal dossier, lo scarto tra femmine e maschi è ridotto: le scolare hanno una lettura più matura (552 punti), ma i maschi riducono le distanze a sette lunghezze quando, invece, il gap tra scolare e scolari in Europa è a quota 14 e nel resto dei Paesi industrializzati a quota 13.

IL NORD-OVEST SI STACCA
Ci sono 47 punti di distacco tra i valori delle scuole del Nord-Ovest, dove si legge meglio, e quelli di Sicilia e Sardegna. Se il punteggio (562) dell’area compresa tra Milano, Torino e Genova farebbe salire in classifica il Paese all’ottavo posto assoluto, il Sud e in particolare le Isole non ci fanno precipitare: i 538 punti dell’Italia meridionale sono di una lunghezza superiori alla media tedesca e i 525 delle Isole sono superiori alla media francese.

Il lavoro spiega che tra gli studenti che dichiarano di avere oltre cento libri a casa e quelli che ne hanno meno di venticinque ci sono 88 punti di differenza nella performance di lettura. Molti. La distanza, invece, tra le scuole “economicamente privilegiate” e quelle “economicamente svantaggiate” è solo di 16 punti. Conta più il background familiare che la qualità dell’istituto scolastico. Rispetto al piacere della lettura, l’Italia è sopra la media dei Paesi interessati, comunque medio-bassa in classifica.

  LA LETTURA ONLINE

Vista la crescente centralità di internet come strumento di acquisizione di informazioni anche per lo studio, nel ciclo di indagine del 2016 è stata presentata per la prima volta una prova di lettura in ambiente web simulato con l’obiettivo di rilevarne le capacità di assorbire testi informativi online: agli studenti è stato chiesto di svolgere due ricerche scolastiche su argomenti di scienze naturali e scienze sociali. All’interno di una finestra del browser, l’avatar di un insegnante virtuale ha accompagnato gli scolari presentando domande che obbligavano alla ricerca delle informazioni all’interno di ipertesti discontinui. Alla lettura internet hanno partecipato 14 Paesi e qui l’Italia è risultata solo decima: da 548 punti scendiamo a 532 e siamo sotto la media delle nazioni analizzate. Su internet si riducono a tre punti le distanze tra femmine e maschi e a 29 punti quelle geografiche (dal Nord-Ovest alle Isole).

 

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Diploma in quattro anni

Diploma in quattro anni: il piano coinvolgerà licei e istituti tecnici

Scuola, liceo in 4 anni: sperimentazione in 100 classi

Si potrà attivare una sola classe per scuola partecipante. Un’apposita Commissione tecnica valuterà le domande

La ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli ha firmato il decreto per il Piano nazionale di sperimentazione in 100 classi per il diploma in quattro anni. Il Piano coinvolgerà Licei e Istituti tecnici.

 

Fino a oggi, 12 scuole hanno sperimentato percorsi quadriennali sulla base di progetti di istituto autorizzati di volta in volta dal ministero. Per rendere maggiormente valutabile l’efficacia della sperimentazione, viene previsto ora un bando nazionale, con criteri comuni per la presentazione dei progetti, per 100 classi sperimentali in tutta Italia che partiranno nell’anno scolastico 2018/2019.

 

L’avviso sarà pubblicato a fine mese sul sito del Miur e le scuole potranno fare domanda dall’1 al 30 settembre. Si potrà attivare una sola classe per scuola partecipante. Un’apposita Commissione tecnica valuterà le domande pervenute. Le proposte – possono candidarsi sia scuole statali che paritarie – dovranno distinguersi per un elevato livello di innovazione, in particolare per quanto riguarda l’articolazione e la rimodulazione dei piani di studio, per l’utilizzo delle tecnologie e delle attività laboratoriali nella didattica, per l’uso della metodologia Clil (lo studio di una disciplina in una lingua straniera), per i processi di continuità e orientamento con la scuola secondaria di primo grado, il mondo del lavoro, gli ordini professionali, l’università e i percorsi terziari non accademici.

 

Nessuno ’sconto’. Alle studentesse e agli studenti dovrà essere garantito il raggiungimento di tutti gli obiettivi specifici di apprendimento del percorso di studi scelto. Il tutto entro il quarto anno di studi. L’insegnamento di tutte le discipline sarà garantito anche eventualmente potenziandone l’orario.

 

Nel corso del quadriennio, un Comitato scientifico nazionale valuterà l’andamento nazionale del Piano di innovazione e predisporrà annualmente una relazione che sarà trasmessa al Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione. Il Comitato sarà nominato dalla Ministra dell’Istruzione e dovrà individuare le misure di accompagnamento e formazione a sostegno delle scuole coinvolte nella sperimentazione.

 

A livello regionale, invece, saranno istituiti i Comitati scientifici regionali che dovranno valutare gli esiti della sperimentazione, di anno in anno, da inviare al Comitato scientifico nazionale.

 

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Il Centro Studi Parini

Il Centro Studi Parini, una realtà educativa a Parma.

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“Vorremmo assicurare un giusto equilibrio al percorso educativo ad ogni individuo, il quale si rifletterà positivamente nell’esperienza di tutti gli altri membri della società; crediamo che qualsiasi incidente di percorso scolastico, qualsiasi blocco o rinuncia allo studio sono alla fine un danno per ciascuno di noi e tutta la società”. Quindi, “impegnarsi ad aiutare coloro che vogliono risolvere i loro problemi non è solo un’azione educativa ma anche sociale perché indirizzata al sostegno di tutta la collettività”.

 

Giornale_ 13 Ottobre

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Non è vero che l’ITIS è per solo maschi!

«Ragazze iscrivetevi all’Itis e a ingegneria, perché le Ferrovie dello Stato Italiane hanno bisogno di voi!». È l’invito che Renato Mazzoncini, ad e direttore generale del gruppo Fs, rivolge alle studentesse italiane. «Nel 2016 abbiamo assunto 2.300 persone, a settembre 2017 abbiamo già raggiunto i numeri del 2016 e chiuderemo l’anno con un numero maggiore. Di queste il 70% viene da istituti tecnici. Abbiamo assoluta necessità di diplomati provenienti dagli Itis che danno un’ottima preparazione», dice Mazzoncini a Business Insider, spiegando cosa cercano Fs nei nuovi assunti.

Nel processo di recruiting Fs Italiane si trova davanti a un grosso problema: «Gli istituti tecnici non sono frequentati dalle donne, siamo a circa il 10% dei diplomati, così come la percentuale femminile che si iscrive a ingegneria resta ancora molto bassa». Per l’ad esiste un tabù culturale da abbattere: «Se una ragazza delle medie dice ai genitori. “Voglio frequentare un istituto tecnico”, la reazione spesso è: “Mamma mia, lì sono tutti uomini e sarai penalizzata dalla competizione”. In realtà è l’esatto contrario! Se le ragazze continuano a iscriversi al linguistico o a voler fare la segretaria di azienda, apprenderanno competenze non più spendibili. Volendo noi arrivare a una situazione paritaria di genere in azienda, abbiamo bisogno di donne preparate tecnicamente».

 Per questo Fs da oltre un anno ha avviato due programmi – “Woman in motion” e “Girl in motion” – che mirano a invertire la tendenza: oggi nel Gruppo la presenza femminile si attesta al 14,6% della forza lavoro, dato che scende al 2,5% nella manutenzione e allo 0,8% tra i macchinisti, numeri considerati insoddisfacenti. Per rompere il meccanismo perverso, «mandiamo nelle scuole medie e nelle superiori le donne che in Fs ricoprono posizioni tecniche apicali a incontrare i ragazzi e le ragazze. Sono le testimonial del fatto che la possibilità di carriera per una donna in Fs è più che reale», dice un soddisfatto Mazzoncini.

Ma le difficoltà di reperire risorse formate per le Ferrovie riguardano anche i neo laureati, i quali, per risultare interessanti, devono possedere un mix di competenze verticali (leggi preparazione tecnica), un buon voto di laurea, ma anche soft skills personali molto chiare come empatia, capacità lavorare in gruppo, visione laterale, oltre alla disposizione a lavorare in contesti complicati o, banalmente, all’estero. Naturalmente, l’inglese è imprescindibile, visto che ci sono giàsettori del Gruppo dove si parla solo inglese e sarà sempre più così.

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«Nel momento in cui cerchiamo nuove figure», continua l’ingegner Mazzoncini, «ci troviamo con ragazzi reduci da percorsi universitari iperspecialistici. Però il mondo della mobilità è assolutamente trasversale, richiede competenze che spaziano dall’ingegneria pura all’economia, dall’informatica alla filosofia. È un mercato in continua espansione, che sta attraendo enormi investimenti, in grado di alimentare il mondo del lavoro, tuttavia ancora sono poco strutturati o inesistenti corsi universitariin ingegneria della mobilità!».

Altro punto dolente è la durata dei cicli di studio: «Se stai cercando un ingegnere, ti trovi a scegliere tra meccanici, elettrici o civili, i quali però hanno caratteristiche parziali, quindi dobbiamo formarli noi una volta cooptati in azienda. L’alternativa è frequentare master post universitari, ma così si allungano ulteriormente i tempi di entrata nel mondo del lavoro, dove già i ragazzi italiani arrivano con 2 o 3 anni di ritardo rispetto ai competitor esteri. E se poi ci aggiungi anche il master, la situazione s’aggrava. E in questo settore la velocità è tutto».

Renato Mazzoncini, AD FS e Nicola Zingaretti, Presidente Regione Lazio. Sara Minelli/ Imagoeconomica

Tanto che il “capo” di Fs sfata un mito piuttosto consolidato: tra iper preparazione e velocità, vince la seconda: «Fanno più carriera quelli che entrano presto in azienda grazie a un percorso scolastico veloce, rispetto a chi vi arriva dopo 10 anni di università e magari un PhD. Quest’ultimo avrà sicuramente una preparazione più robusta, ma è rimasto talmente indietro rispetto al primo che perde la partita».

Per tentare di dare una sterzata anche al mondo accademico, Fs Italiane ha avviato una stretta collaborazione con le principali università italiane. Già da tempo è attivo alla Sapienza di Roma il “Master di secondo livello in ingegneria delle infrastrutture e sistemi ferroviari – Innovazione per la mobilità integrata”, un corso che ogni anno licenzia 30 brillanti ingegneri che planano direttamente tra le braccia di “mamma Ferrovia”.

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Ma ora è venuto il momento di fare un passo avanti, col fine non celato di imporre la mobilità come disciplina primaria di studio. «Per questo ho proposto al Politecnico di Milano di realizzare un corso di laurea in Mobility engegnering», spiega Mazzoncini. Un progetto partito il 22 settembre 2017, con la firma del protocollo di cooperazione firmato da Fs Italiane con il rettore Ferruccio Resta. Il primo step è stato l’avvio del corso “Mobility: infrastructure and services” (in inglese), aperto agli studenti del secondo anno della laurea magistrale in meccanica ed elettrica, primo passo verso il venturo corso di laurea biennale. Il programma, dove lo stesso Mazzoncini figura tra i docenti (il suo compenso è stato girato al Politecnico per finanziare borse di studio) prevede 62 ore di lezione frontali, project work e visite tecniche e il coinvolgimento dei top manager del Gruppo Fs, in testimonianze, docenze e laboratori pratici.

Il manager comunque non si nasconde i problemi che si trova ad affrontare il mondo universitario italiano, schiacciato dalla cronica mancanza di finanziamenti per la ricerca. «In università uno dei problemi principali è l’aspetto della copertura del bilancio. In FS Italiane siamo 74.200 e paghiamo lo stipendio regolarmente a tutti, ogni mese. In università invece hai una fascia garantita, professori ordinari e associati, poi c’è il mondo degli assegnisti e dei ricercatori che vivono con contratti annuali, spesso pagati con fondi che arrivano dalle imprese. Un’insicurezza che porta storture nel sistema. Facciamo un esempio: da un lato c’è un’azienda come FS Italiane che sostiene delle borse di studio per la mobilità, dall’altro hai un settore, magari in crisi (e qundi ancora più bisognoso di fare ricerca) dove non c’è alcuna impresa in grado di dare fondi all’università, il risultato è che la ricerca per quel secondo settore resta indietro. E a perdere è il sistema Paese. Inoltre in questo modo anche il meccanismo meritocratico non viene rispettato». La soluzione, secondo Mazzoncini è una e semplice: aumentare i fondi alla ricerca

Per saperne di più, qui di seguito l’intervista.

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Lo smatphone a scuola

Lo smatphone a scuola.

Ministra Fedeli, nel primo giorno di scuola li ha visti tutti quei ragazzi che entrano in classe con Lo smartphone a scuola?
“Li vedo e li frequento, i ragazzi. E so che non si può continuare a separare il loro mondo, quello fuori, dal mondo della scuola”.

Quindi?
“Da venerdì prossimo una commissione ministeriale s’insedierà per costruire le linee guida dell’utilizzo dello smartphone in aula. Entro breve tempo avrò le risposte e le passerò con una circolare agli istituti”.

Cosa ne pensa dello smartphone in mano a un tredicenne?
“È uno strumento che facilita l’apprendimento, una straordinaria opportunità che deve essere governata. Se lasci un ragazzo solo con un tablet in mano è probabile che non impari nulla, che s’imbatta in fake news e scopra il cyberbullismo. Questo vale anche a casa. Se guidato da un insegnante preparato, e da genitori consapevoli, quel ragazzo può imparare cose importanti attraverso un media che gli è familiare: internet. Quello che autorizzeremo non sarà un telefono con cui gli studenti si faranno i fatti loro, sarà un nuovo strumento didattico”.

Dice che frequenta gli adolescenti, ministra, ma li conosce? Per l’Ocse il 70 per cento dei nostri ragazzi affronterà l’anno scolastico con ansia.
“Ne ho preso atto e sull’adolescenza ho creato uno dei tre gruppi di lavoro interni. Stanno incontrando associazioni e psicologi, ad ottobre organizzeranno una due giorni internazionale dedicata. Gli insegnanti, in classe, devono coinvolgerli e appassionarli. Un ragazzo può sbagliare, ma deve sapere che non è a scuola per essere giudicato, piuttosto aiutato a superare il suo limite. E deve riscoprire, in questo mondo, la qualità delle relazioni umane”.

Di nuovo la ministra buonista. Gli studenti di Terza media possono accedere all’esame «anche se mancano i livelli di approfondimento», dice una delle sue deleghe.
“Lo sa che in Consiglio dei ministri volevano che mettessi per iscritto “vietato bocciare”, vietato per legge. Ho tenuto, sono rigorosa, voglio studenti preparati. Ma c’è chi apprende in tre minuti e chi in una settimana: la scuola deve farsene carico e cercare di portare avanti tutta la classe. L’esame di Terza media sarà più leggero, non più facile”.

Si studia poco il Novecento. Storia, Letteratura. Male e velocemente la cultura del Dopoguerra.
“Nel programma ministeriale c’è tutto il Novecento e ogni docente potrebbe farlo in modo completo. Autori come Grazia Deledda e Giorgio Caproni vanno fatti riemergere. Due giorni dopo che è andato in pensione ho chiamato Luca Serianni, il grande italianista della Sapienza. Gli ho chiesto di aiutarci a vivificare lo studio dell’italiano”.

Come è iniziato l’anno scolastico 2017-2018, ministra?
“Non ho ricevuto una segnalazione negativa. Se i prossimi tre giorni saranno così potrete cancellare la parola “caos” dai vostri titoli sulla scuola. Guardi le carte, mi hanno risposto diciannove direttori degli uffici scolastici regionali su venti: tutte le cattedre sono state assegnate, 720mila insegnanti di ruolo e 85mila supplenti. Sono ancora troppi, ma l’anno scorso erano oltre centomila e in questa stagione saranno certi da settembre a giugno. Ne sono orgogliosa e ringrazio i sindacati che hanno aiutato questo processo”.

Le graduatorie dei precari sono di nuovo piene. Il 15 novembre ci sarà una sentenza decisiva del Consiglio di Stato sui diplomati magistrali. Si può diventare insegnante con un diploma o serve una laurea?
“L’Unione europea ci chiede, a scuola, una laurea. L’esperienza fatta in classe è importante, ma il livello di preparazione è prioritario”.

C’è una data per il concorso dei dirigenti scolastici: in Italia ne manca uno ogni quattro scuole.
“Mi dicono tutti che il regolamento e poi il bando saranno pronti il 15 settembre“.

Sarà un 2018 di nuovi concorsi pubblici.
“Sì, dovremo gestire la fase transitoria. A febbraio il primo, per i docenti abilitati. Poi il concorso sul sostegno e, infine, quello per i neolaureati”.

E’ riuscita a trasformare in legge tutte le deleghe ereditate dalla Buona scuola. E’ rimasta fuori la scrittura di un Testo unico che disciplini con ordine l’ampio argomento.
“Vorrei portare a casa anche la delega sul Testo unico, sto sollecitando il Parlamento”.

Nell’anno che inizia un milione e mezzo di studenti, dalla terza alla quinta superiore, saranno coinvolti nell’Alternanza scuola lavoro? Dove troverete le imprese che li ospiteranno?
“Le troveremo, l’alternanza è un passaggio qualificante e necessario della scuola italiana. Coinvolgeremo le medie imprese e apriremo la possibilità di ospitare gli studenti nei comuni e nelle aziende sanitarie. Potranno comprendere come funziona la pubblica amministrazione, che cosa significa fare servizio”.

Nell’anno scolastico 2017-2018 gli iscritti a scuola sono 59mila in meno, per i prossimi dieci anni l’Istat parla di un prosciugamento di 700mila studenti. Serviranno meno professori? Si dovrà allargare di più alle famiglie straniere?
“La scuola non è occupazione, la scuola è formazione di ragazzi e attorno a questo tutto ruota. Credo, comunque, che nonostante la crisi demografica i docenti non diminuiranno. Crescerà il tempo pieno, crescerà la qualità della scuola. I bambini e i ragazzi stranieri già ci sono nella scuola italiana e continueranno ad arrivare. Dovremo iniziare a occuparci dell’inclusione dei minori senza accompagnamento, che ancora sbarcano in Italia. Sarà il caso di insegnare loro la nostra lingua e poi la nostra Costituzione”.

Il 30 settembre si chiudono le nuove domande per le richieste di avviare licei in quattro anni nella stagione 2019. Quante sono?
“Posso dirle che sui licei brevi abbiamo molte richieste dal Nord”.

Il contratto della scuola e gli scatti d’anzianità per i docenti universitari?
“Entro metà dicembre chiudiamo uno e l’altro, con la Legge di bilancio. Gli insegnanti scolastici dopo sette anni avranno un aumento medio di 85 euro lordi, che potrà salire per chi ha anzianità e ruoli. Nella contrattazione proporremo premi per i docenti che lavorano sul sostegno, oggi ne mancano 9.949, nelle scuole di frontiera, nell’educazione per gli adulti e per la continuità didattica in generale. Il centro della scuola restano gli studenti”.

Soldi per gli scatti d’anzianità, 400 milioni per la ricerca di base. E poi, che altro per l’università?
“Dobbiamo

cambiare il sistema di reclutamento e rivedere le Cattedre Natta, la chiamata diretta di 500 docenti. Le stiamo rivedendo in condivisione con il mondo accademico. Per l’università, però, serve un grande dibattito in tutto il Paese”.

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Scuole per Medici

Scuole per Medici : come è possibile che una su dieci non sia regolare?

Quando il Miur si “muove”, vuol dire che c’è sempre qualcosa che non va. A ridosso dell’inizio del nuovo anno accademico, tutto deve essere in ordine.

Eppure da lì escono i cardiochirurghi, rianimatori, oncologi, ortopedici, ginecologi e anestesisti del futuro: eppure una scuola di specializzazione su dieci che oggi in Italia prepara i giovani medici alla professione è senza i requisiti minimi di qualità. È quanto emerge da documenti riservati all’esame in queste ore del ministero della Salute di Beatrice Lorenzin e di quello dell’Istruzione di Valeria Fedeli. Un dossier scottante dove viene messo nero su bianco che 135 scuole di specializzazione su 1.433 non sono in grado di formare al meglio.

Ma come è possibile?

Le bocciate

La convinzione è dell’Osservatorio nazionale della formazione medica specialistica, una costola tecnica dei due ministeri. Il parere l’ha stilato dopo un lavoro di due anni sulla base di criteri come la presenza di spazi adeguati e laboratori specifici nelle sedi universitarie, la garanzia di standard assistenziali di alto livello negli ospedali dove viene svolto il tirocinio e l’esistenza di indicatori di performance per l’attività scientifica dei docenti. Il suggerimento dell’Osservatorio è di non concedere alle 135 scuole universitarie l’autorizzazione a insegnare e a fare in contemporanea lavorare in corsia gli specializzandi in ospedali convenzionati con l’Ateneo. Neppure la metà delle scuole è davvero in regola (47,2%), altrettante (43,3%) sarebbero da autorizzare con riserva (devono dimostrare di avere i requisiti), il 9,4 per cento da bocciare (2 risultano non valutabili). «La nostra proposta è elaborata sulla base di elementi oggettivi e non discrezionali, valorizzati anche grazie all’adozione di algoritmi condivisi collegialmente — si legge nel verbale secretato della riunione dell’Osservatorio dell’8 agosto convocata d’urgenza, dopo che il ministero della Salute ha tentato di bloccare le esclusioni —. Le deliberazioni sono state assunte anche sulla base di valutazioni effettuate dall’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (Anvur) e dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas), che si sono avvalse di parametri oggettivi». L’elenco delle 135 è lungo e attraversa l’Italia. In alcuni casi le scuole di specializzazione fanno riferimento ad Atenei del Sud (come Bari, Catanzaro, Messina e Napoli). Ma tra le bocciate non mancano scuole della Bicocca e dell’Humanitas di Milano, di Pisa, della Sapienza e di Tor Vergata di Roma. Secondo l’Osservatorio non dovrebbe essere insegnata la Cardiochirurgia all’Aldo Moro di Bari, né alla Magna Graecia di Catanzaro, la Chirurgia generale all’Università degli Studi di Cagliari, l’Ematologia alla Gabriele D’Annunzio di Chieti e Pescara, la Neurochirurgia né a Genova e neppure alla Tor Vergata di Roma, la Chirurgia toracica a Pavia e quella pediatrica a Foggia(la lista completa è pubblicata su Corriere.it).

I parametri

La proposta di esclusione delle 135 nasce dal «combinato disposto di più parametri negativi». Nell’Osservatorio, guidato dall’endocrinologo di Padova Roberto Vettor, siedono 16 figure universitarie di prestigio, da ordinari di Medicina a presidi di facoltà. Il giudizio, però, non è vincolante né definitivo (tra due anni le scuole che hanno corretto il tiro potrebbero essere riammesse). Adesso spetta ai ministeri della Salute e dell’Istruzione decidere se inserire le 135 scuole nella rete formativa italiana (il procedimento tecnico si chiama accreditamento) o escluderle almeno per il momento. Dalle carte in possesso del Corriere risulta che soprattutto il ministero della Salute intende muoversi con prudenza, lamentando una carenza di motivazioni nei pareri formulati dall’Osservatorio. Una posizione non condivisa dagli autori del dossier: «Gli elementi che hanno portato alla decisione — scrivono — sono consultabili in ogni momento e mostrabili a qualunque soggetto portatore di interesse concreto». È la prima volta che le scuole di specializzazione vengono censite e valutate in base a criteri precisi. Finché non sarà presa una decisione sul da farsi, il concorso per l’ingresso nelle scuole di specializzazione atteso da 13 mila neolaureati in Medicina è destinato a restare bloccato (per questo il ministero dell’Istruzione sta facendo pressioni giornaliere sui colleghi della Salute). Il rischio è di non arrivare in tempo per l’inizio di novembre, anche se il Miur assicura che il concorso si farà con le nuove o le vecchie regole. Il nervosismo dei giovani candidati cresce di ora in ora.

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sì all’obbligo del vaccino

 

Si all’obbligo dei vaccini, come cambia l’iscrizione a scuola minori non vaccinabili in classi di soli immunizzati

Il Governo dice si all’obbligo dei vaccini nelle scuole.

Cambiano dal prossimo anno scolastico, per effetto del decreto sull’obbligo vaccinale, gli adempimenti per l’iscrizione a scuola. Ecco come: – DIRIGENTI SCOLASTICI: all’atto dell’iscrizione hanno l’obbligo di richiedere, alternativamente, la documentazione comprovante: l’effettuazione delle vaccinazioni, l’omissione o il differimento della somministrazione del vaccino, l’esonero per intervenuta immunizzazione per malattia naturale, copia della prenotazione dell’appuntamento presso l’asl.
– AUTOCERTIFICAZIONE: il genitore può anche autocertificare l’avvenuta vaccinazione e presentare successivamente copia del libretto. La semplice presentazione alla asl della richiesta di vaccinazione consente l’iscrizione a scuola, in attesa che la asl provveda ad eseguire la vaccinazione entro la fine dell’anno scolastico.
– LA FORMAZIONE DELLE CLASSI: i minori non vaccinabili per ragioni di salute sono inseriti in classi nelle quali sono presenti soltanto minori vaccinati o immunizzati naturalmente. I dirigenti scolastici comunicano all’asl competente, entro il 31 ottobre di ogni anno, le classi nelle quali sono presenti più di due alunni non vaccinati.
– GRATUITA’: tutte le vaccinazioni obbligatorie sono gratuite, anche quando è necessario ‘recuperare’ somministrazioni che non sono state effettuate in tempo.
– DISPOSIZIONI TRANSITORIE PER L’ANNO SCOLASTICO 2017-18: per la fase di prima applicazione del decreto si prevede che entro il 31 ottobre 2017 per la scuola dell’obbligo e entro il 10 settembre per i nidi si presenti la relativa documentazione o l’autocertificazione per l’avvenuta vaccinazione; la relativa documentazione per l’omissione, il differimento e l’immunizzazione da malattia; copia della prenotazione dell’appuntamento per le vaccinazioni presso l’asl. Inoltre: entro il 10 marzo 2018, nel caso in cui sia stata precedentemente presentata l’autocertificazione, deve essere presentata la documentazione comprovante l’avvenuta vaccinazione. Dall’anno 2019-20 è invece prevista un’ulteriore semplificazione e gli istituti dialogheranno direttamente con le asl per verificare lo stato vaccinale degli studenti.

 

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Docenti in cattedra dal primo giorno

Scuola, Fedeli: “Al lavoro per un avvio ordinato del prossimo anno: assunzioni entro il 14 agosto, docenti in cattedra dal primo giorno”

 

Un cronoprogramma serrato per garantire un avvio ordinato del prossimo anno scolastico. Lo ha illustrato oggi la Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Valeria Fedeli, nel corso di una conferenza stampa al Ministero spiegando che “il Miur lavora da oltre sei mesi per questo obiettivo. è un impegno preso con la scuola, con le ragazze e i ragazzi, con le loro famiglie – ha sottolineato la Ministra -. Rispetto al 2016/2017 abbiamo operato per concludere ogni attività almeno un mese prima”.

L’avvio di ogni anno scolastico, ha spiegato Fedeli in conferenza, richiede un lavoro “dietro le quinte molto importante del Ministero e delle scuole. Le procedure sono molte: iscrizioni, composizione degli organici, mobilità del personale, assunzioni in ruolo, assegnazioni provvisorie, supplenze. Stiamo lavorando a tutto fin dal primo giorno di insediamento del governo. È stata una scelta precisa affinché studentesse e studenti possano avere le docenti e i docenti in cattedra all’apertura dell’anno e tutto possa partire al meglio, anche le novità previste dai decreti attuativi della Buona Scuola”.

In particolare, durante la conferenza di oggi, è stato ricordato che quest’anno saranno 52.000 i posti disponibili per le assunzioni, compresi i 15.100 in più previsti dalla Legge di Bilancio grazie alla trasformazione di una parte dell’organico di fatto in organico di diritto. Le procedure per le assunzioni, ha assicurato la Ministra, si concluderanno “entro il 14 agosto, con decorrenza dei contratti dal primo settembre. Lo scorso anno si chiusero il 15 settembre”.

Grazie all’intesa siglata con le organizzazioni sindacali il 21 giugno scorso, lavoro d’anticipo anche per le assegnazioni provvisorie che si concluderanno entro il 31 agosto. Per la mobilità, che quest’anno è stata ordinaria e volontaria, buona parte dei risultati sono già stati pubblicati: il 21 luglio usciranno gli ultimi, quelli della scuola secondaria di II grado. Attraverso l’accordo sulla mobilità sottoscritto con i sindacati il 29 dicembre, a due settimane dall’insediamento del Governo, vengono tutelati il diritto delle docenti e dei docenti a spostarsi, ma anche quello delle alunne e degli alunni a formarsi adeguatamente e ad avere garantita la continuità didattica.

Sì alla tutela dei diritti, no agli abusi: questa la linea sui controlli relativi all’utilizzo della legge 104. “Dobbiamo agire a tutela di chi ha veramente bisogno – ha detto la Ministra – per questo oggi scriverò a Inps, Regioni e Ministero della Salute affinché sia aperto un tavolo per controlli e monitoraggi”.

Tempi più rapidi anche per l’assegnazione delle supplenze annuali: verranno effettuate entro la metà di settembre, in corrispondenza dell’inizio delle lezioni, garantendo alle ragazze e ai ragazzi continuità didattica e rispetto del diritto allo studio. L’anno scorso le procedure si conclusero ad ottobre. In più, grazie alle nuove assunzioni, il numero delle supplenti e dei supplenti si ridurrà di almeno 15.000 unità.

“Le nostre giovani e i nostri giovani avranno la possibilità di confrontarsi già dall’avvio del prossimo anno scolastico con le innovazioni introdotte dai decreti attuativi della Buona Scuola, entrati in vigore lo scorso 31 maggio – ha chiuso Fedeli -. Questa settimana va in Conferenza Stato-Regioni la proposta di ripartizione dei fondi per la costruzione di nuovi Poli per l’infanzia 0-6 anni. A settembre avremo la ripartizione del Fondo da 209 milioni per l’ampliamento dei servizi per questo ambito. Alla primaria partiranno i Poli ad orientamento artistico e performativo. Finalmente più pratica e cultura dell’arte e della musica nelle scuole”. Mentre “nella secondaria di I grado cambiano gli Esami: a settembre arriverà la circolare per informare scuole, alunne e alunni, famiglie. Da quest’anno arriva anche la prova di certificazione della lingua inglese a cura dell’INVALSI”. Nella secondaria di II grado, con l’inizio dell’anno scolastico, arrivano “il nuovo portale sull’Alternanza Scuola-Lavoro e la Carta dei diritti e dei doveri in Alternanza”.

Ovviamente, ha chiuso la Ministra, “questo risultato è e sarà possibile solo grazie all’impegno di tutte le componenti della scuola, dirigenti scolastici, personale amministrativo, docenti, funzionari del Ministero e degli Uffici scolastici regionali, che proseguiranno l’intensa attività anche nei mesi estivi. Voglio ringraziarli perché ciascuno, facendo il proprio dovere e dando il proprio contributo, sta mettendo al centro del sistema scuola le necessità e le aspettative di studentesse e studenti”.

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